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Tu mi hai cancellato dalla memoria perché credevi di impedirmi di avere una vita piena e felice, ma hai fatto uno sbaglio...
vivere con te è l'unico modo per avere una vita piena e felice.
(Henry a Lucy)
Una commedia divertente del 2004
Wikipedia definisce il film "commedia, sentimentale, drammatico", ma personalmente dissentirei sull'ultima definizione.
Non mi sembra proprio drammatico: tanto per cominciare ha un lieto fine degno di questo nome, e poi è talmente costellato di siparietti comici e
personaggi grotteschi che potremmo definirlo più comico che drammatico.
Non guardo tantissimi film, ma i due o tre che ho visto con Adam Sandler come protagonista sono stati tutti piuttosto "leggeri", nel senso che mancava totalmente la tensione drammatica.
In buona sostanza "50 volte il primo bacio (50 First Dates)" è assolutamente piacevole,
non servono i fazzoletti, si può anche ridere però, magari, provando a soffermarsi sulla storia si possono estrapolare dei punti di partenza per delle riflessioni interessanti.
Per chi non l'ha visto dò la solita avvertenza: dovrò necessariamente parlare della trama facendo eventuali spoiler, ma di per sè questo non è esattamente un giallo
dove non si può indicare l'assassino senza rovinarne la visione.
Questo è il classico film sentimentale dove lui e lei, superate alcune crisi, alla fine convolano a giuste nozze, e non solo: la scena finale ci premura di informarci che avranno anche una figlia,
e tutti vissero felici e contenti.
L'originalità assoluta del film è che tutta la trama ruota attorno ad un disturbo della protagonista,
l'amnesia anterograda, per il quale lei si risveglia ogni giorno senza ricordare ciò che è successo il giorno prima.
Il protagonista della vicenda passando dal ruolo di Don Giovanni a quello di fedele innamorato deve perciò riconquistarla ogni giorno.
Tolto il pensiero dello spoiler, proviamo a leggere la vicenda dal punto di vista di alcuni filosofi.
Kierkegaard: Don Giovanni alle Hawaii
Prima con "Aut-Aut" e poi con
"Timore e tremore"
Søren Kierkegaard
identitifica le sue celebri tre modalità di vita, completamente distinte tra loro, nelle quali si può sviluppare la vita di un uomo.
O si appartiene ad una sfera di vita o ad un'altra, mai due sovrapposte,
fermo restando però che si può durante la vita sia progredire passando da una modalità all'altra, sia regredire facendo i passaggi inversi.
Vediamo ora come sono bene interpretate nella trama dal protagonista.
- Vita estetica: va da sè, non servono tante interpretazioni. Il protagonista all'inizio del film conduce una ben organizzata vita da Don Giovanni, il seduttore,
ed è senz'altro nel posto giusto: le Hawaii! Da sottolineare che Don Giovanni non è un termine usato a caso, ma è proprio il personaggio di esempio usato dal filosofo danese.
Questa è per eccellenza il tipo di vita che lascia insoddisfatti.
- Vita etica: riconquistare la stessa ragazza ogni giorno potremmo considerarlo ancora facente parte della fase "Don Giovanni", perché forse sarà più etico di passare da un fiore all'altro
con disinvoltura, senza impegno e senza rinunce, ma è comunque un modo di vivere estetico. Il protagonista cerca di soddisfare sempre la propria voglia di conquista (anche se tecnicamente si tratta
di riconquista), ed in pratica è sempre libero, può rinunciare quando vuole.
Il passaggio alla vita etica è quando si organizza con la di lei famiglia, si accora, si impegna, e fa il passaggio significativo:
non cerca più di riconquistarla, ma le propone un filmato di riepilogo delle puntate precedenti.
Insomma ripartiamo da dove eravamo rimasti, non sono più il "Don Giovanni monogamo" che ero prima, ora sono il fidanzato ufficiale, family approved, con cui puoi presentarti in società.
- Vita religiosa: nel film non c'è alcun riferimento esplicito alla religione, ma la terza modalità espressa da Kiekegaard possiamo leggerla per esteso come "abbandonarsi alla follia della
vocazione divina che sentiamo in noi".
Ecco ora che nel finale, c'è un terzo passaggio che rischia non distinguersi dal precedente, ma che è sostanzialmente differente.
Dopo la crisi in seguito allla rottura voluta da Lucy, Henry ritorna e la prende con sè,
ma attenzione: non è che tutto torna come prima.
C'è una svolta folle, anzi tre: si sposano, hanno una figlia e invece di condurre una vita tranquilla in seno alla società li troviamo nel finale che vivono in una barca, in Alaska,
con Henry che porta avanti delle ricerche zoologiche.
Anche solo la scelta di fare una figlia con una madre affetta da sindrome amnesica anterograda sarebbe da considerare folle, ma tutto il contesto poi ne è una conferma.
Kundera: l'insostenibile leggerezza del primo bacio
Milan Kundera nel suo celeberrimo libro "L'insostenibile leggerezza dell'essere" sembra proseguire il discorso di Kierkegaard approfondendo la figura del Don Giovanni, una figura leggera per definizione.
Gli uomini che inseguono una moltitudine di donne possono facilmente essere distinti in due categorie.
Gli uni cercano in tutte le donne la donna dei loro sogni, un'idea soggettiva e sempre uguale.
Gli altri sono mossi dal desiderio di impadronirsi dell'infinita varietà del mondo femminile oggettivo.
L'ossessione dei primi è lirica: nelle donne essi cercano se stessi, il proprio ideale, e sono sempre continuamente delusi perché l'ideale, com'è noto,
è ciò che non è mai possibile trovare.[...]
L'altra ossessione è un'ossessione epica e in essa le donne non trovano nulla di commovente: l'uomo non proietta sulle donne alcun ideale soggettivo,
perciò ogni cosa lo interessa e nulla può deluderlo.
Il nostro Henry Roth possiamo catalogarlo come "lirico" secondo la definizione di Kundera.
Questa catalogazione sembrerebbe smentita dal raggiungimento del suo ideale, ma in realtà questo raggiungimento è permesso solamente dal fatto che Lucy è una donna speciale, quasi unica.
E' una donna che bisogna riconquistare ogni giorno!
Ma la questione che ci pone prepotentemente il libro é: dobbiamo considerare questo come "leggero" o come "pesante"?
E di nuovo gli venne in mente un'idea che noi già conosciamo: la vita umana si svolge una volta sola e quindi noi non potremo mai appurare quale nostra decisione sia stata buona
e quale cattiva, perché in una data situazione possiamo decidere una volta soltanto.
Non ci viene data una seconda, terza o quarta vita per poter confrontare diverse decisioni. [...]
"Einmal ist keinmal". Quello che avviene una volta è come se non fosse mai accaduto. [...]
La storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come la polvere che turbina nell'aria,
come qualcosa che domani non ci sarà più.
Ed ecco che George Wing (sceneggiatura) e Peter Segal (regista) vengono a confonderci le idee: come possiamo considerare "leggera" questa storia d'amore che si ripropone ogni giorno uguale per anni?
Sì qualche piccola differenza ci sarà: qualche piccolo litigio dimenticato il giorno dopo, un figlio in più o in meno, ma la sostanza si ripeterà per un'intera vita,
"fin che morte non vi separi".
Ma fossero anche solo 50 volte, possiamo riaffermare "Einaml ist keinmal" in questo caso?
Nietzsche: l'eterno ritorno del primo appuntamento
Stando a Wikipedia Kundera non è classificato come filosofo, Friedrich Nietzsche invece sì.
Eppure io mi accodo a Borges quando dice che Nietzsche non è un filosofo: è un poeta, un narratore, un artista, ma un filosofo no.
La necessità di ricorrere al'ermeneutica per spiegare i paradossi e le provocazioni che troviamo nei suoi testi, e le diverse interpretazioni che ne scaturiscono, fanno sì
che si possa quantomeno mettere in dubbio l'appartenenza di questo autore alla schiera dei filosofi propriamente detti senza togliere nulla alla sua grandezza.
Ecco perché per interpellare il pensiero di Nietzsche parto coinvolgendo nuovamente "L'insostenibile leggerezza dell'essere", nella fattispecie nel suo incipit:
L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta,
e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza,
e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla.
L'idea dell'eterno ritorno il suo autore l'aveva definita "das schwerste Gewicht" , "il fardello più pesante".
"50 volte il primo bacio" apre il dibattito: ecco quello che ipotizzava Nietzsche per un'intera vita, il film lo ripropone per una serie molto lunga di giornate, per anni.
E' veramente il fardello più pesante? E la parola "pesante" dobbiamo intenderla in accezione negativa o positiva?
Secondo Kundera non ci sono dubbi: la pesantezza è positiva. Secondo un'interpretazione più intuitiva del pensiero di Nietzsche, dipende da noi, dalle nostre scelte.
Siamo appiattiti, stiamo cercando di sopravvivere a noi stessi, o siamo creatori di mondi?
Dio è morto, ad ucciderlo è stato l'uomo, e secondo il filosofo tedesco spetta a noi ora il compito di creare, forgiare nuovi mondi, dar vita a nuovi universi.
Ma per far questo dobbiamo rompere col passato, dimenticare quello che è stato fatto, a costo di rifarlo.
Ed eccoci di nuovo alla nostra storia: ogni giorno Henry e Lucy creano nuovamente il loro amore.
Certo Henry ha memoria di quel che c'è stato ma Lucy no: lei ricomincia ogni giorno. Lei ricrea la sua vita giorno per giorno.
Indubbiamente si basa su un filmato riassuntivo, ma partendo da zero con la memoria inevitabilmente si farà giorno per giorno delle domande fondamentali che
le altre persone normalmente non si fanno, quantomeno sicuramente non tutti i giorni.
Un amore così continuamente in discussione e così continuamente accettato ci porta ad un altro filosofo.
Sartre: 50 volte il primo sguardo
Nella terza parte de "L'essere e il nulla" di
Jean-Paul Sartre, troviamo uno dei capitoli più famosi e interessanti dell'opera: "Il primo atteggiamento verso gli altri:
l'amore, il linguaggio, il masochismo".
In pratica il filosofo francese ci descrive in termini esistenzialisti come si sviluppa l'amore, inteso qui non in senso panteistico, ma nel senso stretto di quel sentimento che nasce dall'innamoramento.
E infatti l'analisi parte proprio da quello che è il primo sguardo, momento ampiamente evidenziato nel nostro film in una scena per lui, in varie scene per lei.
Cosa succede in questo primo sguardo?
io mi identifico del tutto col mio essere-guardato per mantenere di fronte a me stesso la libertà di guardare dell'altro, e poichè il mio essere oggetto è la sola relazione possibile fra me e l'altro, posso servirmi solo di questo essere-oggetto come strumento per compiere l'assimilazione dell'altra libertà.
Non vorrei ambiziosamente cimentarmi a spiegare Sartre tout court, ma giusto per capire questo piccolo passaggio, per chi fosse completamente a digiuno della filosofia e terminologia sartriana,
faccio due precisazioni.
I soggetti in questione sono nella terminologia del filosofo dei "per-sè", ovvero semplificando brutalmente sono degli esseri che hanno coscienza di sè, cioè degli esseri umani
(distinti dagli "in-sè" che costituiscono il resto dell'universo, cioè oggetti e animali).
Il per-sè è libero, cioè può scegliere, ovvero come dice Sartre in prima persona: "sono condannato ad essere libero".
Nel passaggio di cui sopra vediamo come l'amore che nasce dal primo sguardo, altro non è che la volontà di appropriarsi della libertà dell'altro, di essere scelti,
e di conseguenza non può esserci amore se l'altro non è libero di sceglierci.
La considerazione potrebbe sembrare banale se pensiamo ai matrimoni combinati, o effettuati per interessi economici, ma se la estendiamo a tutte le casistiche vediamo che non è così
immediata come sembra.
Se una persona vede l'altra come una specie di divinità al punto di non prendere in considerazione tutto il resto del mondo, questo non è amore, e la persona
oggetto di tanta venerazione si disamorerà di fatto, o se il rapporto persistesse non sarebbe comunque amore, ma abitudine.
La nozione di "proprietà" con la quale si definisce così spesso l'amore non può essere, infatti, la prima. Perché dovrei volermi appropriare di altri se non fosse che altri mi fa essere? [...] E non è per volontà di potenza: il tiranno se ne ride dell'amore; egli si accontenta della paura.
Ma il punto cruciale della questione, che ci ricollega perfettamente alla peculiarità del film, è che questa libera scelta non può essere una tantum: deve essere costante e ripetuta:
Ma, d'altra parte, non può essere soddisfatto di quella forma eminente di libertà che è l'impegno libero e volontario. Chi si accontenterebbe di un amore che si desse come pura fedeltà dell'impegno preso? Chi accetterebbe di sentirsi dire: "Ti amo, perché mi sono liberamente impegnata ad amarti e perché non voglio contraddirmi, ti amo per fedeltà a me stessa"?.
Ecco quindi la clamorosa situazione biunivoca che si verifica nel film: Henry riesce far innamorare ogni giorno Lucy, e allo stesso tempo Lucy scopre che Henry ricompare ogni giorno,
quando potrebbe lasciarla dopo aver fatto sesso, dopo aver segnato un'altra voce alla sua agenda di conquiste, e invece sempre più innamorato la risceglie liberamente ogni giorno!
Se Sartre avesse potuto vedere il film ne sarebbe rimasto estasiato.
Conclusione
"Se un uomo apre la portiera dell'auto alla moglie o è nuova l'auto o è nuova la moglie": avrei potuto fare delle considerazioni sul film anche partendo da questo splendido mot d'esprit del
Principe Filippo di Edimburgo ma, con il massimo rispetto per il Principe, ho preferito usare quattro pensatori di un certo calibro.
Perché questo?
Non certo per pavoneggiare le mie scarse e confuse conoscenze filosofiche, e neanche per dimostrare che la filosofia alla fine può servire per capire il mondo;
ça va sans dire: a cosa
dovrebbe servire altrimenti?
Secondariamente potrei dire che volevo dimostrare come un film, commedia apparentemente di puro intrattenimento, in realtà possa rappresentare qualcosa di più, anzi direi che presenta
senz'altro, dal punto di vista culturale, un maggior valore rispetto a molti film drammatici, apparentemente più colti, ma che alla fine si limitano a rappresentare sul grande schermo drammi umani
che possiamo riscontrare ogni giorno nella realtà che ci circonda.
E qui arriviamo al mio primo intento, che era quello di evidenziare come possa essere più stimolante per il pensiero partire da un'eccezione, da un caso anomalo, come è in questo caso
l'amnesia anterograda per cercare di capire la realtà.
L'anomalia ci fa capire per definizione i limiti di alcune letture del reale, di molte filosofie che per far quadrare i conti si strutturano su una realtà usuale,
certamente vera ma non unica.
Solo per fare un esempio possiamo analizzare la classica disputa tra Freud e Jung.
Freud era un neurologo che curava perlopiù casi di isterismo.
Nell'elaborare la sua analisi ha sicuramente avuto grandi meriti, e le sue idee, i suoi concetti, hanno trovato poi riscontro anche nel quotidiano,
anche per persone che non lamentano disturbi psicologici. Però Freud ha avuto anche dei grandi limiti, soprattutto a mio avviso come filosofo.
Il pensiero di Jung è invece estremamente più ampio, abbraccia molte branche del sapere e ha elaborato concetti filosofici decisamente innovativi.
Ecco che Jung però era un psichiatra, ed è partito da eccezioni veramente importanti della psiche umana.
Per elaborare un suo metodo è dovuto partire da una casistica che altri hanno minimizzato, se non escluso a priori dai propri ragionamenti.
Quindi non dico che bisogna partire dall'anomalia per estrapolare una regola, ma che fare una regola che non spieghi o non accetti l'anomalia
vuol dire esprimere una regola parziale se non errata del tutto.
Ma soprattutto, come in questo caso, nel campo cinematografico, inseguire l'eccezione vuol dire produrre una trama che sarà come minimo origniale
e non la solita minestra riscaldata.
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