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Ultimo aggiornamento: 27 Agosto 2022 (Fructidor - Échelle)

Being present to another person - a sustained, caring attention - can be seen as a basic form of compassion.
Careful attention to another person also enhances empathy, letting us catch more of the fleeting
facial expressions and other such cues that attune us to how that person actually feels in the moment.
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Essere presenti ad un'altra persona - con un'attenzione sostenuta e premurosa -
può essere visto come una forma basilare di compassione.
Un'attenzione premurosa ad un'altra persona migliora anche l'empatia, permettendoci di catturare le più fugaci
espressioni facciali e altri segnali simili che ci sintonizzano su come quella persona si sente effettivamente in quel momento.
(Daniel J. Siegel, "Altered Traits", cap.12, par."The heart mind")















Amélie: sincronicità, effetto farfalla e compassione


Perché un film così famoso

Apro la pagina di Wikipedia su "Il favoloso mondo di Amélie" e non trovo alcun riferimento all'effetto farfalla, apro la pagina di Wikipedia su "L'effetto farfalla" e nell'elenco dei film non trovo Amélie. Curioso un po' in rete e gli unici approfondimenti che trovo sono perlopiù di analisi psicologica, morale o semplicemente poetica, in un video poi c'è un'analisi, o meglio un'interpretazione "sciamanica" del film (sic!), e in un caso addirittura c'è una stroncatura di carattere sociale da cui emerge che il personaggio di Amélie ha rovinato molte ragazze rappresentando un pessimo esempio per loro.
Quindi nonostante il film sia famosissimo (premi a parte occupa il secondo posto della Classifica dei migliori 100 film del mondo di Empire), mi sento in dovere di scrivere qualcosa anch'io. E se la mia analisi non sarà all'altezza di tanti brillanti prove, spero che i miei (pochi) lettori mi scuseranno.

Innanzitutto, come preambolo, liquido subito in generale il film con un mio umile giudizio sintetico: "Il favoloso mondo di Amélie" è favoloso, anzi è perfetto! Sono perfette le inquadrature e la regia in generale, è perfetta la protagonista, la favolosa Audrey Tautou, sono perfetti i suoi sorrisi, gli altri attori, la voce fuori campo, la location (Parigi!), ma soprattutto è perfetta la sceneggiatura. Non sono un critico cinematografico ma in fondo fin qui sto solo sfondando una porta aperta.

Sincronicità

A mio avviso dovrebbe essere evidente che l'opera non parte dal contesto dell'infanzia di Amélie per proporci come focus l'analisi psicologica dei personaggi, anche se ovviamente si può fare anche quella. Così come, diciamocelo pure, si potrebbe fare anche in un film porno per scoprire che sono tutti erotomani e magari con qualche devianza sessuale.
A noi interessa il fatto che Amélie parte da lì, dalla sua piccola vita, molto discreta e un po' ristretta, ma poi cresce. Ed è il come cresce che è interessante.

Dall'inizio alla fine il film è un omaggio alla sincronicità. Quindi dall'incipit recitato dalla voce fuori campo:

Il 3 settembre 1973, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi, capace di 14670 battiti d'ali al minuto, plana su rue Saint-Vincent, a Montmartre. Nello stesso momento, in un ristorante all'aperto a due passi dal Moulin de la Galette, il vento si insinua magicamente sotto una tovaglia facendo ballare i bicchieri senza che nessuno se ne accorga. In quell'istante, al quinto piano del 28 dell'Avenue Trudaine, IX° Arrondissement, Eugène Koler, di ritorno dal funerale del suo migliore amico, Emile Maginot, ne cancella il nome dalla sua rubrica.
Sempre nello stesso momento, uno spermatozoo con il cromosoma X del signor Raphaël Poulain, si stacca dal plotone per raggiungere un ovulo della signora Poulain, nata Amandine Fouet. Nove mesi più tardi, nasce Amélie Poulain.

La data forse non è una coincidenza visto che rappresenta il ventesimo compleanno del regista, nonchè ideatore del soggetto, Jean-Pierre Jeunet.
Quest'omaggio alla sincronicità poi prosegue fino alla fine, dove sempre la solita voce fuori campo chiosa:

È il 28 settembre 1997 e sono le undici in punto del mattino. Alla Giostra del Trono, a due passi dal trenino dei Carpazi, la macchina per impastare i dolci impasta i dolci. Nello stesso momento, su una panchina di Place Villette, Félix L'Herbier scopre che ci sono più connessioni possibili nel cervello umano che atomi nell'universo. Nel frattempo, ai piedi del Sacre-Coeur, delle benedettine migliorano il rovescio. La temperatura è di 24 gradi Celsius, il tasso di umidità di 77, e la pressione atmosferica di 990 ettopascal.

In mezzo tra quest'inizio e questa fine ci viene mostrata la vita che si dispiega in modo talvolta incomprensibile, spesso con coincidenze incredibili e quindi significative, come ad esempio la morte assurda della mamma, Amandine Poulain, centrata da una turista canadese che aveva deciso di suicidarsi gettandosi dall'alto della cattedrale di Notre-Dame (scena che assomiglia parecchio ad uno dei tre episodi iniziali/finali di Magnolia).
Ma soprattutto ci viene dimostrato come funziona la sincronicità (diciamo così) universale riproponendocela in scala ridotta: Amélie è lei stessa organizzatrice di una sincronicità in una scala minore, più umana ma allo stesso tempo, inevitabilmente, universale. E' lei l'artefice occulta di piccole coincidenze significative che cambiano per sempre la vita di alcune persone. Per questi sconosciuti e amici che ignorano, che non la vedono operare ed osservare di nascosto, si tratta di coincidenze pure, ma lo spettatore che può cogliere il quadro completo comprende la grandezza, seppur in scala ridotta, di quello che sta succedendo.

L'effetto farfalla

Si parte dall'evento scatenante del ritrovamento da parte di Amélie di una vecchia scatola di giochi di cui alla fine rintraccia il proprietario, il signor Dominique Bretodeau. Invece di consegnargli la scatola brevi manu gliela fa trovare in una cabina telefonica in modo apparentemente casuale, cioè facendo squillare il telefono mentre questo ex bimbo ormai cinquantenne, ci passa davanti. La scena è pienamente Proustiana: come per le madeleine intinte nel tè di Tante Léonie, Dominique Bretodeau viene travolto dalle emozioni e, come preannunciato dalla voce fuori campo, quel giorno non va ad adempiere alla sua routine dell'acquisto del pollo, uno dei suoi piccoli piaceri della vita, ma rivedendo il passato riconsidera il suo futuro, riprogramma la sua vita. Decide di andare a trovare sua figlia, con la quale è da tanto tempo che non ha più contatti, prima di "finire anche lui in una piccola scatola di latta".
Una scatola di latta messa in una cabina telefonica e una chiamata alla stessa cabina fatta in un momento ben preciso hanno cambiato completamente la vita di un uomo. Due cose di per sé insignificanti, messe nel posto giusto al momento giusto, lo hanno risvegliato, gli hanno ricordato che è ancora vivo, che aveva vissuto in passato, ma che ormai stava semplicemente sopravvivendo, trascinandosi stancamente verso l'ultimo appuntamento.
E' il principio dell'Effetto farfalla per il quale nei sistemi complessi una piccola variazione, apparentemente insignificante, propagandosi può amplificarsi fino a generare colossali effetti.

Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza.
(Alan Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza, 1950)

Come ci dice Wikipedia, quando Edward Lorenz lo espose "un meteorologo fece notare che se le teorie fossero state corrette, un battito delle ali di un gabbiano sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre". Il gabbiano è poi diventato una farfalla grazie anche alla somiglianza con la rappresentazione grafica degli Attrattori di Lorenz che spiegano matematicamente il fenomeno.
Ecco quindi che un caffè rovesciato addosso alla povera Georgette, la cassiera del bar dove lavora Amélie, è paragonabile al battito d'ali della farfalla che scatena un terremoto (letteralmente) non di origine tellurica, ma sessuale.
E così via: non è il mio scopo raccontare tutta la trama del film che è principalmente composta da episodi del genere.

I due Totò

Nel ventesimo secolo ci sono state le figure di due Totò che possiamo usare per capire meglio l'evoluzione di Amélie raccontata nel film.
Il primo Totò, quello purtroppo un po' meno famoso, è un personaggio descritto in una poesia di Guido Gozzano: Totò Merùmeni. Il secondo, molto più famoso, è stato invece una persona in carne ed ossa, sto parlando ovviamente di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio in arte Totò per l'appunto.
Il primo al di là della "tempra sdegnosa" ci dice il poeta che "Non è cattivo. Manda soccorso di danaro / al povero, all’amico un cesto di primizie; / non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro / pel tema, l’emigrante per le commendatizie". Non è cattivo ma è lì che si trascina, "Totò non può sentire. Un lento male indomo / inaridì le fonti prime del sentimento", e in un mirabile potentissimo ultimo verso Gozzano ci sintetizza tutta la sua esistenza, che è poi quella di molte altre persone: "E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.".
L'altro Totò viceversa era di tutt'altra pasta: non "oprava in disparte" come il primo, ma ha lasciato la sua arte al mondo. Però per quanto indiscutibilmente fosse un bravo attore, come uomo era ancora migliore. Nel riquadro "La beneficenza" di Wikipedia viene ben spiegato chi era veramente il principe Anonio De' Curtis: "Totò, di spirito caritatevole, per tutta la sua vita compì molteplici gesti d'altruismo, che includevano sostegno e offerte di viveri ai più bisognosi. Secondo le numerose testimonianze dei familiari e dei colleghi, Totò elargiva costantemente doni e banconote, dava corpose mance ai lavoratori e si prendeva carico di tutte le richieste d'aiuto che arrivavano al suo indirizzo; si parla anche che alle volte tornasse di notte nel suo quartiere natale (il Rione Sanità) e infilasse sotto le porte dei "bassi" biglietti da diecimila lire."

Tutto questo era solo per dire che nel film Amélie, grazie alla famosa scatola dei giochi, passa da "Livello Merùmeni" a "Livello De Curtis"!

Compassione ed empatia

Compassione ed empatia hanno un'etimologia e un significato abbastanza simili tra loro, ma denotano due atteggiamenti distinti. Mentre la compassione è un vero e proprio soffrire con l'altro, con chi si vede in sofferenza, l'empatia è più un asettico saper mettersi nei panni dell'altro.
Se la compassione è per sua natura altruistica, l'empatia può essere anche solo cinicamente funzionale: pensiamo ad esempio ad un abile politico che per ottenere i propri risultati durante un accordo, sa dove l'altro può cedere e dove resterà inesorabilmente fermo nelle proprie posizioni. Nella compassione guidano le emozioni, mentre nell'empatia sembrerebbe guidare la razionalità, la capacità di interpretazione. Ho usato il condizionale perché stando a Wikipedia "gli studi recenti sui neuroni specchio scoperti da Giacomo Rizzolatti, [...] confermano che l'empatia non nasce da uno sforzo intellettuale, è bensì parte del corredo genetico della specie."
Caliamoci in un esempio preso dal film: la scena del cieco che deve attraversare la strada. Ora la compassione è quella che spinge ad aiutarlo approcciandosi con la massima gentilezza per non offenderlo. L'empatia da sola consentirebbe di capire la situazione demandando poi la scelta di aiutare ad altre logiche di oppurtunità o sensibilità personale. Ma l'empatia di Amélie va oltre: capisce mettendosi nei panni dell'altro che questi non ha solo il problema di attraversare la strada, ma anche quello di godere di quella realtà che non riesce a percepire interamente con il solo udito. Quindi lo accompagna sommergendolo con un fiume di parole che gli descrivono quello che può forse intuire, ma ovviamente non vedere. L'inquadratura finale dall'alto e con gli effetti speciali è infine catartica e lascia lo spettatore appagato.
(Piccola osservazione personale: la scena richiama fortemente quella descritta nella canzone "Dal buio" di Marco Masini, il cui testo credo sia del grande Giancarlo Bigazzi).
Ora è chiaro che il personaggio di Amélie ha tutte e due queste caratteristiche molto spiccate, ma non basta, ne ha anche una terza: il genio. Per dirla col Perozzi: "Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione.". Non si poteva descrivere meglio di così come nascono le bizzarre piccole macchinazioni di Amélie!
Ma tutto ciò non nasce dal nulla all'improvviso. Quasi come Troisi anche Amélie non ricomincia da zero, ma da due. Questo ci viene spiegato bene all'inizio quando la voce narrante ci descrive il personaggio.

Uno: l'osservazione

Tra i pochi piaceri che si concede Amélie c'è il cinema, ci dice la voce fuori campo nella prima parte del film. Subito dopo con una mirabile rottura della quarta parete è lei stessa a spiegarci che le piace andare al cinema per due cose: girarsi ed osservare con discrezione le facce delle altre persone e osservare particolari della scena che nessuno nota. "Osservare di nascosto l'effetto che fa" come cantava Jannacci è quello che fa poi quando aiuta poi gli altri, e per aiutarli parte da dei particolari che sarebbero sfuggiti ai più, ai meno empatici, ai meno attenti.
Anche Maurizio Cattelan ha un atteggiamento simile. Quello che cerca è osservare la reazione della gente alle sue opere, in genere sempre provocatorie.

Due: i piaceri della vita

Possiamo dedurre che Amélie fin da piccola non fosse interessata alla carriera o alla ricchezza, e infatti la troviamo che fa la cameriera in un bar e non sembra avere altre aspirazioni. Poi la voce narrante ci spiega che: "Non ci sono uomini nella vita di Amélie. Ci ha provato un paio di volte, ma il risultato non è stato all'altezza delle sue aspettative. In compenso, coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri: tuffare la mano in un sacco di legumi; rompere la crosta della crème brulée con la punta del cucchiaino; e far rimbalzare i sassi sul canale Saint-Martin." I piccoli piaceri della vita!
I grandi piaceri della vita ci legano, e spesso ci rendono schiavi senza che ce ne rendiamo conto. I piccoli piaceri invece sono innocui: durano poco e siamo consci che passano, ma non ci illudono. Filosoficamente la cosa è ben nota, basti pensare a Schopenhauer o alle filosofie orientali.

Altri aspetti

I sorrisi e gli sguardi di Audrey Tautou sono anch'essi una delle colonne portanti del film. Sono diventati iconici e francamente non riuscirei ad immaginare il film con un'altra attrice. Subito era stata scelta Emily Watson, che sono sicuro che sia una brava attrice anche se non ho mai visto un suo film, ma per fortuna è andata diversamente.
Alcune scene sono grottesche e ricordano molto anime e manga, qualcuno forse le avrà trovate esagerate, ma personalmente le ho trovate perfette così.

Questo film parla della vita: è una grande sinfonia dove ogni nota, anche quando sembra dissonante se presa singolarmente, nel contesto della musica è perfetta. Tutto si muove in una direzione: il motore è rappresentato dalla sincronicità, dall'effetto farfalla, ma il carburante che muove tutto è l'amore, "L'amor che move il sole e l'altre stelle".
E l'amore è la compassione, il riconoscersi nell'altro.
Dare. Provare compassione. Controllo di sé. E per tre volte "pace interiore". Questa è la chiusura di quel grande poema che è "Terre desolate" di Eliot, che è poi la chiusura di una upanishad.

Datta. Dayadhvam. Damyata.
Shantih shantih shantih
(T.S. Eliot, The Waste Land, 1922)

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