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Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio 2019

Glass




Avvertenza: questo commento è tutto uno spoiler, anche di altri film del regista.


Partirei da qua: Crumb, non è un cognome a caso in un film che parla di fumetti. E’ un chiaro omaggio a Robert Crumb celebre fumettista underground, psicadelico, famoso anche per aver fatto la copertina del disco di Janis Joplin “Cheap Trills”. Possiamo vedere quest'omaggio nella psicadelia che sfocia nella quintessenza della schizofrenia di Kevin Wendell Crumb, ma anche nella figura di suo padre che viaggia in treno con una valigetta che potrebbe benissimo contenere delle tavole a fumetti. Quindi ci sarebbe una chiara contrapposizione tra la fine di Mr. Crumb, che rappresenta il fumetto underground che ormai ha “deragliato” dal pubblico, e le fumetterie praticamente dedicate ai supereroi che negli ultimi anni hanno conosciuto una nuova vita col cinema, i cosplayer e il merchandising. Insomma: vediamo l’utopia anti-sistema degli anni 60 che si contrappone alla distopia del mercato che ormai pilota i gusti dei consumatori.

Però se da un lato i supereroi come fumetti e film sono un ottimo prodotto che alimenta il business, dall’altra se fossero reali spezzerebbero questa fede materialistica e umanistica allo stesso tempo, che rappresenta lo Zeitgeist, che sostiene il capitalismo e il consumismo. E da qui l'organizzazione trasversale paragovernativa che li combatte. Per gli appassionati di Martin Mystere è automatico riconoscerci l'organizzazione degli uomini in nero (da non confondere con i MIB hollywoodiani di tutt'altra pasta).

Quindi quella che è il fulcro centrale del film non è solo la contrapposizione tra l’individuo e la società. E’ soprattutto il contrasto tra il materialismo e ... l’altro. L'altro è alla base di quasi tutti i film di Shyamalan: la parapsicologia nel “Sesto senso”, gli extraterrestri in “Signs”, gli esseri come le fate in “Lady in the water”, la sincronicità un po' in un tutti quanti i suoi film. L'extra-ordinario è sempre presente, ma non è mai gridato, esagerato secondo un gusto tipicamente statunitense: è accennato o addirittura reso in modo grottesco, pensiamo agli alieni di Signs che sembrano usciti da un film di serie B e ottengono l'effetto camp di “Mars attack”, o agli stessi supereroi di questo film che con la Marvel o la DC Comics avrebbero vita breve con i loro superpoteri assai minimali.

La non-contrapposizione invece è quella tra il bene e il male: sono due facce della stessa medaglia, due forze egualmente bilanciate nella realtà. Il concetto era già stato evidenziato dal regista ne “L'ultimo dominatore dell'aria”. Anche se il nostro si è formato in scuole cattoliche, è nato in India e dimostra di conoscere bene le weltanschauung alla base delle religioni orientali. Il vero male qui è il nulla che sta fagocitando il mondo, che trova i suoi difensori in quelli che ormai possiamo etichettare come “uomini in nero”. E' il Nulla che fagocita Fantasia ne “La storia infinita”, ma se vogliamo essere più filosofici è lo scadimento (Verfallen) di Heidegger, la Cura che prende il sopravvento e porta alla deiezione. E infatti gli uomini in nero ci ricordano anche gli altri “uomini in nero”, quelli che fino alla seconda guerra mondiale combattevano ferocemente contro il diverso, il non ariano. Il simbolo del quadrifoglio cos'altro è se non una svastica smussata? Ne “Il mattino dei maghi” Pauwels e Bergier riportano come Hitler avesse paura di fantomatici “superiori sconosciuti” così come i nostri uomini in nero hanno paura dei supereroi.

I supereroi di questo film, come si diceva, hanno poco a che vedere con i supereroi dei fumetti, ma non solo per i loro scarsi superpoteri, non solo per la mancanza di tutine attillate di colori sgargianti, ma proprio per la loro psicologia.

Facciamo un puntualizzazione per chi non è avvezzo ai fumetti. In Italia abbiamo una varietà eccezionale di fumetti, al punto che troviamo i fumetti per adulti (non nel senso di pornografici) anche in edicola, situazione che credo sia quasi unica al mondo. Pur avendo una vasta produzione locale, troviamo sul mercato italiano anche, anzi soprattutto, fumetti giapponesi, statunitensi, argentini, francesi, belgi e sicuramente dimentico qualche provenienza. Chiaramente i generi, le tematiche e lo spessore culturale che ci possiamo trovare sono estremamente vari. La maggior parte della produzione USA invece è incentrata sui supereroi, che personalmente ritengo essere una sorta di autoanalisi del americani. Pensiamo all'Uomo Ragno perseguitato dal direttore del Daily Bugle che incita i suoi lettori all'odio nei confronti del “buffone in calzamaglia”, o a un classico come Watchmen dove sempre l'opinione pubblica arriva a rifiutare tutto il gruppo dei supereroi. La situazione si ripete identica, anche se un po' alleggerita, ne “Gli incredibili” (film di animazione in questo caso), dove i poveri supereroi sono costretti a nascondere i propri poteri e ad accettare lavori come impiegati. Quindi di autoanalisi si tratta perché gli statunitensi si trovano spiazzati di fronte al rifiuto che sconfina nell'odio per la loro azione pacificatrice e democratizzante del mondo: loro sono i buoni che intervengono necessariamente con la forza in Vietnam, in Afghanistan, in Iraq, e si sa loro sono i più forti, ma lo fanno sempre per il bene dell'umanità e in cambio ricevono rifiuto, incomprensione e ostilità da parte di tutti invece dei ringraziamenti.

Il film ci racconta invece una storia un po' diversa: tutti questi supereroi non sono che un retaggio di uomini speciali che sono sempre esistiti, ma che in tempi moderni vengono emarginati. Non abbiamo più bisogno di loro perché ormai abbiamo la Tecnica che ha preso il sopravvento e l'esser-ci (tornando ad Heidegger) ha disimparato a interrogarsi su l'essere. I personaggi di Shyamalan invece hanno sempre presente il Primato Ontico heideggeriano e trovano alla fine la loro vocazione. Quella di Graham in “Signs” è la vocazione per eccellenza, quella sacerdotale, mentre per Cole il bambino de “Il sesto senso” è quella di aiutare i morti, quella che David scopre in “Unbreakable” è la vocazione di lottare contro i criminali.

Riguardo agli altri elementi del film, non sono un critico cinematografico, ma ritengo eccezionali sia la fotografia che l'uso dei colori. Ma su questo hanno già scritto i parecchi e lo stesso regista si è speso a illustrarli bene. Manca la tensione? La suspence che c'era in altri suoi film? Qui sarebbe stata fuorviante. Voglio rimarcare però che alla fine c'è sia il classico twisting ending che rivoluziona il senso dell'imprigionamento che appare esagerato fin dall'inizio, sia una spiazzante presa in giro delle trame tradizionali che avrebbero voluto la scena madre sul grattacielo designato, alla King Kong. E infine il colpo di scena finale quando le registrazioni che avrebbero dovuto sparire sono rese pubbliche.

Bruce Willis si dimostra, come negli altri film di questo regista, un vero attore, e non il classico personaggio sempre uguale dei suoi film d'azione. Ma se David Dunn è un omaggio a tutti i personaggi dei film d’azione, Elijah Price sembra essere un raffinato omaggio all’astrofisico Stephen Hawking: un mente vulcanica, assolutamente eccezionale, relegata su una sedia a rotelle in un corpo in completo disfacimento, ma che ha il potere del puro genio. Per chiudere il cerchio Kevin Wendell Crumb è dichiaratamente ispirato alla figura di Billy Milligan , un criminale schizofrenico con una personalità dissociata smembrata in 24 diverse identità. E si torna alla contrapposizione centrale del film che qui si identifica in quella tra Freud e Jung. Se il neurologo di Vienna parteggiando per il materialismo cerca di spiegare con scarso successo il disturbo comportamentale di David attraverso la dottoressa Ellie Staple, è solo uno psichiatra come Jung che può provare a spiegare uno schizofrenico come Kevin Wendell Crumb/ Billy Milligan che nel cambio di identità si trasforma anche fisicamente. Il rimosso di Freud non è sufficiente per capire questa situazione: bisogna arrivare a Jung, alla sua interpretazione dei complessi. Notevoli anche le contrapposizioni delle figure femminili: alla madre snaturalizzata di Kevin Wendell Crumb si contrappone la madre più materna che ci si possa immaginare di Elijah Price. All’asettica e ultra professionale dottoressa Ellie Staple si contrappone l’empatica e fraterna Casey Cooke.

Concludendo: che un film come questo, assolutamente originale e decisamente complesso nei suoi riferimenti, possa avere anche un certo successo di pubblico, dimostra che forse il pubblico è in fondo ricettivo e stufo delle solite trame preconfezionate e riciclate.



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