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Ultimo aggiornamento: 19 Settembre 2020 (Sans-culottides - Quartidì)

"... né porcherie né acque rie ..." - le pietre di fulmine di Giuseppe Bellucci

Stiamo parlando del catalogo di una mostra. Un pezzo di storia in un certo senso superato: quella che era una mostra provvisoria della collezione Bellucci, stando a Wikipedia, è diventata un'esposizione permanente quantomeno della parte più significativa degli amuleti. Questo dal 2000: il catalogo in questione si riferisce ad una mostra del 1995 per cui, come si diceva, appartiene ormai alla storia.
Ma andiamo con ordine.

Giuseppe Bellucci e le pietre di fulmine

E conferendo con quelle genti buone e semplici, e cercando di istruirmi della loro ignoranza, ebbi più volte occasione di mostrar loro le armi ed utensili litici dell'epoca preistorica e segnatamente le cuspidi di freccia a forma triangolare con gambo. Appresi in tal circostanza come non solo non si ritenessero tali armi primitive come la parte materiale delle scariche fulminee e si designassero col nome di fulmini o saette, ma che si custodivano religiosamente nelle abitazioni, allo scopo di difesa contro scariche fulminee ulteriori, si portavano indosso in occasione di temporali al medesimo fine, e si attribuivano ad esse virtù soprannaturali straordinarie.
(pag.11)

Il professore Giuseppe Bellucci è stato un studioso poliedrico, "etnografo, paleontologo e chimico italiano, esperto di folklore", che avendo iniziato una raccolta di reperti preistorici si è imbattuto nella sopracitata forma di folklore legata alle pietre di fulmine, e da lì in poi ha proseguito la sua indagine etnologica su tutto quello che riguardava i metodi di difesa contro le avversità meteorologiche (vedi anhe il suo libro "La grandine nell'Umbria" del 1903).
Il titolo del libro (e della mostra) deriva appunto da questo:

Richiesta del significato dell'insolito oggetto, un particolare amuleto che associ sincretisticamente credenze magiche ed aspetti religiosi e devozionali, la donna rispose che grazie ad esso "né porcherie" (fulmini) "né acque rie" (grandine) avevano mai danneggiato la casa, i suoi abitanti ed i terreni circonvicini.
(pag.39)

Quindi dal libro emerge questa figura di studioso nettamente positivista che con una certa superiorità culturale, pur guardando con benevolenza a queste buone genti, cataloga come superstizioni, assurde ma culturalamente interessanti, tutte queste credenze magico/religiose.
Quello che il libro non dice (a meno che non sia sfuggito a me) ma che Wikipedia afferma come documentato, è che il Bellucci era un massone, iniziato il 22 Dicembre 1881 nella loggia Francesco Guardabassi, e che ha avuto qui anche una bella carriera visto che nel 1885 ne è diventato il Maestro Venerabile.
Sebbene molte persone tendano a considerare la Massoneria come una specie di club di persone di buona volontà nel migliore dei casi, oppure una lobby di personaggi potenti che scavalcano la legge nel peggiore (vedi la P2, ma non solo), la Massoneria, piaccia o no, è un'organizzazione iniziatica di impianto esoterico.
Per definizione un massone non può essere ateo, può appartenere a qualsiasi religione (di per sè una garanzia) o comunque credere in un dio trasversale: il Grande Architetto dell'universo. Il fatto che sia iniziatica e pervasa da un simbolismo esoterico non la pone poi molto distante dalla magia. Al limite si potrebbe fare il distinguo che ha fatto, ad esempio, un altro massone iniziato vent'anni prima a Parigi, Eliphas Lévi, che nel suo "Dogme et rituel de la Haute Magie" separa, ma senza screditarla, una bassa magia di intenti pratici da un'alta magia di stampo iniziatico.
Ovviamente negli scritti di un emerito professore dell'epoca positivista non potevano emergere simpatie per questo tipo di credenze, ma il fatto stesso che la raccolta di questi amuleti sia diventata veramente imponente ci suggerisce che il Bellucci non doveva averla presa come semplice folklore da deridere.

Fort e le pietre di fulmine

Circa un centinaio di anni fa, se qualcuno fosse stato così credulo da pensare che fossero mai cadute pietre dal cielo, gli avrebbero risposto che:
In primo luogo in cielo non ci sono pietre:
Perciò dal cielo non possono cadere pietre.
[...] Nel 1772 un comitato di cui faceva parte Lavoisier fu incaricato dall'Accademia di Francia di indagare su un rapporto in cui si sosteneva che a Luce, in Francia, era caduta una pietra dal cielo. [...] Lavoisier analizzò la pietra di Luce. La spiegazione degli esclusionisti dell'epoca fu che dal cielo non cadono pietre: che gli oggetti luminosi può sembrare che cadano e che si possono raccogliere pietre bollenti nel punto in cui è apparentemente atterrato un oggetto luminoso ... e che si tratta di un lampo che ha colpito la pietra, scaldandola e fondendola.
[...] Così le pietre cadenti furono dannate dall'autorità. Il pezzo forte dell'esclusione rimase la spiegazione del lampo che era stato visto colpire qualcosa ... che si era trovato fin dal principio a terra.
(Charles Fort, "Il Libro dei dannati", pag.25, edizione italiana Armenia)

Per gli appassionati di esoterismo diciamo tra parentesi che Lucé è a un paio di chilometri dalla Cattedrale di Chartres, ma sicuramente questa è solo una coincidenza.
Nel brano vediamo che gli esclusionisti citati da Fort non ritengono possibile che sia caduta un pietra dal cielo con un effetto visivo simile ad un fulmine, ma tutto sommato accettano che la pietra possa essere stata colpita da un fulmine. Gli esclusionisti italiani non accettano neanche il fulmine: si tratta di pietre lavorate nel neolitico, o comunque in epoca preistorica, e la superstizione ha fatto il resto.
Ma Fort cosa suppone invece?
Verso la fine del libro, nel capitolo sui minerali dal cielo, parlando di meteoriti avanza timidiamente un'ipotesi.

Riguardo i meteoriti di Dhurmsalla, la nostra opinione è suffragata dal fatto che le cose che entrano nell'atmosfera terrestre splendono a volte con una luce che non è la luce dell'incandescenza ... ovvero noi diamo questa spiegazione, o offriamo un'affermazione riguardo alle "pietre del tuono", o pietre lavorate che sono cadute luminosamente sulla Terra, lasciando delle scie che sembravano lampi di fulmini ... ma noi accettiamo che anche alcune delle cose che sono entrate nell'atmosfera terrestre si disintegrino con l'intensità della fiamma e della materia fusa; ma altre, pensiamo, entrano nell'atmosfera terrestre e cadono senza lasciare una scia luminosa, esattamente come i pesci di profondità portati alla superficie dell'oceano. Qualunque sia il punto su cui ci troviamo d'accordo abbiamo un'indicazione che in un punto imprecisato sopra di noi c'è un mezzo più denso dell'atmosfera terrestre. Immagino che il nostro punto forte sia il fatto che questa non è la credenza popolare.
(Charles Fort, "Il Libro dei dannati", pag.317, edizione italiana Armenia)

Ecco il nostro punto forte è proprio quello: non facciamo parte dello Zeitgeist, non ci accodiamo placidamente allo spirito del tempo. Osserviamo, accostiamo, confrontiamo, insomma pensiamo ... ma con la nostra testa.

Titolo: ... né porcherie né acque rie ...
Autore: a cura di Giancarlo Baronti
Copertina morbida: 96 pagine
Editore: Volumnia Editrice
Anno: 1995

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