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- La cosa è stata ripresa da "Strano ma vero", perché quest'acqua qui ...
- "Strano ma vero" che cos'è? Ma che cos'è "Strano ma vero"?
- La "Settimana Enigmistica"!
- Ah! La rubrica ...
- Se tu guardi Maggio 92 della raccolta del 2 Luglio [...] del '58 ... ecco ... spiega benissimo ...
(Maurizio Ferrini e Renzo Arbore a "Quelli della notte")
Believe It or Not
Come succede spesso mi piacerebbe poter dire "se non sapete chi è Robert Ripley,
questo è il link di Wikipedia",
ma so già che alla maggior parte delle persone non piace interrompere la lettura per andare a vedere cosa c'è sul link.
Inoltre in questo caso la versione italiana dice proprio poco e sarebbe consigliabile andare sulla
versione in inglese di Wikipedia,
e sulla conoscenza dell'inglese perdono agli altri quello che spero gli altri perdonino a me.
In conclusione cercherò coi miei limitati mezzi di sintetizzare chi è questo personaggio non proprio famosissimo qui in Italia, che pure ha lasciato un importante segno nella storia.
Dopo aver abbandonato la scuola per motivi familiari e dopo aver abbandonato il baseball a livello professionistico a causa di un infortunio, il giovane Ripley approda a New York nel
1913 e viene impiegato dal The New York Globe come cartoonist nel settore dello sport.
Ma il momento chiave della sua carriera arriva il 19 Dicembre 1918, quando per la prima volta esce la sua famosissima rubrica
"Ripley's Believe It or Not!".
In questo spazio sintetizzati da un pannello disegnato da Ripley, venivano riportati i fatti più strani e bizzarri, inizialmente riguardanti lo sport, ma poi ampliati a qualsiasi
categoria o ambito.
Pare che anche la famosa rubrica "Strano ma vero" de "La settimana enigmistica" sia stata quantomeno ispirata da "Believe It or Not!",
fornendo poi esilaranti tormentoni al simpatico Maurizio Ferrini che a "Quelli della notte" la citava come se fosse un'enciclopedia.
Dalla rubrica la sua attività si è poi ampliata a livello imprenditoriale e oggi comprende
musei in svariati paesi in tutto il mondo,
libri, cortometraggi e gadget.
Ovviamente in tutta questa gigantesca raccolta di fatti, che ci crediate o no, ci sono anche quelli fortiani.
Essendo poi che questi due raccoglitori instancabili, Ripley e Fort, sono anche praticamente contemporanei sia come età anagrafica che come periodo di attività, mi è sembrato giusto provare a confrontarli.
Confronto sinottico tra Charles Fort e Robert Ripley
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Tirando le somme
La prima superficiale considerazione che si potrebbe evincere è che se ti occupi di divertire e di essere poco impegnato nella tua divulgazione
otterrai sicuramente un maggior successo di pubblico e, di conseguenza, economico.
Probabilmente molti youtuber che si preoccupano solo di essere divertenti alla fine sono molto più famosi di tanti ricercatori universitari che
si preoccupano di scoprire qualcosa d'importante per l'umanità. I cantanti pop di successo sono più conosciuti e guadagnano più di molti autori ed
esecutori di musica colta. E così via.
Seppure abbastanza vera (ma non sempre!), questa considerazione si rivela un po' ristretta, ingiusta e inesatta almeno nel nostro caso.
E questo per almeno due motivi.
IN QUANTO ALLA LOGICA DELLE NOSTRE AFFERMAZIONI FUTURE, RITENGO ... [...]
Che nulla sia mai stato provato ... Perché non c'è nulla da provare[...]
Nulla è mai stato definito.
Perché non cè nulla da definire[...]
Nulla è stato alla fine scoperto.
Perché nulla c'è da scoprire alla fine.
(Charles Fort, "Il Libro dei Dannati", cap. 1)
1) Fort non voleva scoprire delle verità assolute, non voleva piantare dei paletti, voleva solo instillare dubbi.
Non credo si sia mai sentito un genio incompreso, casomai uno scomodo pensatore a sua volta dannato, escluso dalla scienza.
Non so se conoscesse Ripley, ma credo che nel caso l'avrebbe considerato un valido alleato.
2) Ripley è stato comunque un instancabile ricercatore, la sua opera non ha fatto altro che valorizzare la diversità.
Questo è grandioso non solo dal punto di vista della conoscenza ma anche dal punto di vista sociale:
in un mondo che già un secolo fa si avviava verso la globablizzazione, la diversità deve essere vista come un valore e non come occasione
di discriminazione.
Insomma come appassionato fortiano non trovo antagonismo, casomai potremmo dire che questo confronto è come una partita di rugby,
dove alla fine, indipendentemente da chi ha vinto o chi ha perso ci si ritrova per il
terzo tempo
a mangiare e bere.
E secondo alcuni rugbisti il terzo tempo è la parte più bella della partita.
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