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Facevo scherzi, mattane, naturalmente ai fanti,
Agli osti e alle puttane, ma non risparmiavo i santi.
E un giorno me l'han giocata, mi han ricambiato il favore
E dal fucile mi han tolto l'intero caricatore.
(Francesco Guccini, "Il matto")
Ultimo aggiornamento: 03 Ottobre 2020 (Vendémiaire - Immortelle)
Un libro che ha lasciato il segno
Mia nonna era classe '98, milleottocentonovantotto per la precisione.
Era andata poco alle elementari per poi andare a lavorare giovanissima, ed è rimasta semianalfabeta: sapeva leggere ma a malapena scrivere.
Eppure conosceva, e mi raccontava da bimbo, tutte le avventure di
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.
Stiamo parlando di un libro dell'inizio del '600 che pur essendo letteratura popolare già all'epoca è rimasto nella storia e nel
modo di parlare: "el ghe ne fa una più de Bartoldo", letteralmente "ne fa una più di Bertoldo", è un modo di dire rimasto ai giorni nostri
e usato anche da chi ne ignora la provenienza.
Il fatto poi che dai personaggi siano stati tratti ben tre film la dice lunga.
I film sono uno del '36 e uno del
'54, ma mio avviso c'è soprattuto da segnalare quello del
1984 di Mario Monicelli con
Ugo Tognazzi, Maurizio Nichetti, Alberto Sordi e Lello Arena.
Non so quanti libri del '600 possano vantarsi di aver suggerito una sceneggiatura per dei lungometraggi del ventesimo secolo.
Il libro originale da cui è stato tratto il nostro è di Giulio Cesare Croce,
l'autore dei primi due libri del filone, ovvero "Le sottilissime astutie di Bertoldo" e "Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino",
un terzo libro, "Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino", è invece di
Adriano Banchieri.
C'è una frase nella biografia di Giulio Cesare Croce su Wikipedia che è folgorante, sembra quasi il verso di una poesia:
"Ebbe due mogli e 14 figli e morì in povertà". Dice tutto di un autore, fabbro figlio di fabbri in origine, che in base alla sua erudizione
e alla sua corposa produzione agognava ad avere un mecenate, qualcuno che lo sostenesse perché da sempre
carmina non dant panem.
Invece così come Bud Spencer è morto amareggiato dal non aver mai ricevuto riconoscimenti dalla critica nonostante l'enorme successo di pubblico,
probabilmente anche Giulio Cesare Croce possiamo immaginarlo deluso di morire senza aver ricevuto mai il minimo appoggio.
Ma forse da lassù entrambi saranno felici di sapere che il loro lavoro è destinato ad essere ricordato nei secoli.
Questa edizione nella fattispecie
L'autore del libro era emiliano, di San Giovanni in Persiceto, le vicende narrate sono scrupolosamente ambientate a Verona, alla corte di re Alboino,
per cui la traduzione non poteva che essere in ... padovano.
Non mi si dica che è pur sempre dialetto veneto, perché nel veneto i dialetti variano decisamente da un paese all'altro, non solo da una città ad un'altra.
I ragazzi sono "butei" a Verona, "tosi" a Vicenza e "muli" a Trieste: non è la stessa cosa!
"Se ti acchiappo" in veronese di Verona diventa "se te ciàpo", ma sul Lago di Garda diventa curiosamente "se te ciàpe", e da lì in poi la frase finisce matematicamente:
"fa tre culi e meso", per l'assonanza con chiappa, ovvero natica.
Tutto questo per dire che come veronese non ho trovato proprio scorrevolissima la lettura, anche se spesso accompagnata da note esplicative a piè di pagina.
Però dopo un po' si fa l'occhio, o meglio l'orecchio, e la musicalità del dialetto finisce per arricchire la narrazione.
Insomma, la traduttrice Mariuccia Baraldo Bazzaro, grande estimatrice e appassionata del dialetto padovano, ha fatto un buon lavoro.
Ma ciò che impreziosisce veramente il libro sono i disegni originali di Pietro Regazzo.
La scelta del tratto caricaturale era d'obbligo per un libro del genere: un serioso Dorè probabilmente avrebbe fatto peggio.
Questo connubbio tra dialetto e disegni rende il personaggio più vero, più vicino alla realtà.
Una realtà veronese fatta da "mati de Sago", bacàni, contadini della bassa, artigiani, gente semplice ma con una saggezza pratica e una cultura derivata dal folclore.
Gente come Bertoldo:
RE: "Mi no so tanto intolto, da bo conòsare i to meriti".
BARTOLDO: "No basta conòssarli, tuto sta riconòssarli".
Ora c'è una questione che mi gira in testa: cosa avrebbe detto mia nonna se le avessi letto a suo tempo questa versione in padovano del Bertoldo? Sono abbastanza sicuro che l'avrebbe trovata normale.
Autore: Giulio Cesare Croce
Traduzione: Mariuccia Baraldo Bazzaro
Illustrazioni: disegni originali di Pietro Regazzo
Titolo: Le toghissime scaltresse de Bartoldo
Tipologia: brossura
Dimensioni: 17x24
Pagine: 136
Editore: Panda edizioni
Anno di pubblicazione: 1991
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