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Abram Tarasov: John Wick è un uomo di grande concentrazione,
grande combattività... e grande forza di volontà.
Una volta ha ucciso tre uomini in un bar...
Consigliere: ... con una matita. Lo so, me lo hanno raccontato.
Abram Tarasov: Con una cazzo di matita! Cazzo, ma chi altro lo farebbe?
(John Wick - Capitolo 2)
Bowery King: Kimber 1911, 45 ACP. Capacità: sette proiettili...
John Wick: ... Eh, sette proiettili?
Bowery King: Sette milioni di dollari ti danno sette proiettili.
Fa un milione di dollari a colpo.
(John Wick - Capitolo 2)
Ultimo aggiornamento: 02 Marzo 2024 (Ventôse - Orme)
I perché di questo libro - Introduzioni - Con cosa usarlo - Bossoli, palle, polveri, inneschi, ricarica e test - utilizzi - Conclusione
I perché di questo libro
Cercherò di non ripetermi sulla delicatezza dell'argomento che avevo già spiegato in
questa pagina.
Stiamo parlando di armi da fuoco leggere, quindi fucili e pistole, argomento che dovrebbe essere o deplorato o evitato nel nome di quel politicamente corretto che talvolta a mio avviso,
"ha fatto più danni lui che il petrolio", come cantava Vasco Rossi.
Sinteticamente: le armi fanno parte della cultura storica, di cronaca, di intrattenimento,
e non sono oggetti indemoniati che si impossessano delle menti delle persone obbligandole ad uccidere.
Una certa ipocrisia cerca di colpevolizzare, quindi vietare, l'arma da fuoco per non colpevolizzare l'assassino,
tranne poi scoprire che, ohibò, tutto può diventare un'arma, anche una matita come ci ha fatto scoprire John Wick
(e dicono anche il generale Vannacci, ma non ho letto il suo libro).
Tutto questo ci porta al primo "perché": perché parlare di questo libro?
Perché è culturalmente interessante anche per chi non si interessa specificatamente all'argomento, ma anche perché è una piccola rarità.
I libri che parlano di armi leggere li suddividerei concettualmente in tre macro raggruppamenti:
- Le cosiddette "enciclopedie delle armi", che data la vastità dell'argomento difficilmente arrivano veramente ad un livello enciclopedico,
ma spesso fanno solo una carrellata su pistole e fucili talvolta restringendo il campo ad un periodo storico.
- Le monografie su singoli modelli, laddove per modello si intende solitamente un'intera famiglia che comprende diverse varianti
- Libri sui calibri: questi sono piuttosto rari già di loro quando trattano in generale l'argomento,
ma diventano realmente rarissimi i libri come questo che parlano di un singolo calibro, analizzandolo in tutti gli aspetti.
C'è poi un secondo "perché", che a chi non è un po' addentro all'argomento potrebbe sfuggire: perché qualcuno, cioè mr. Patrick Sweeney,
ha deciso di scrivere questo libro?
Ovviamente il motivo principale piuttosto intuitivo è la passione, l'interesse, la voglia di divulgare ciò che lui ama per primo.
Ma è probabile che ci sia a mio avviso anche un altro motivo: un certo campanilismo di calibri,
ovvero una rivalità storica che divide gli Stati Uniti dall'Europa da più di un secolo.
Se il primo calibro è ovviamente il
"45 ACP",
il secondo è il coevo
"9 Parabellum", o "9 para" o "9x19".
Per chi non fosse avvezzo alle denominazioni diciamo, generalizzando un po', che per i calibri di pistola c'è sempre un numero che rappresenta il diametro della palla,
seguito o da un altro numero che rappresenta la lunghezza della munizione finita (nel nostro caso 9 millimetri di diametro per 19 di lunghezza)
o da un nome (nei nostri due casi "ACP" sta per "Automatic Colt Pistol", mentre "Parabellum" sintetizza il famoso motto
"Si vis pacem, para bellum"
(se vuoi la pace, prepara la guerra).
Il diametro, anche da solo, poi ci segnala la provenienza: se 9 sta per millimetri, il 45 ovviamente no altrimenti sarebbe un calibro da artiglieria.
Scritto correttamente sarebbe ".45", ovvero 0,45 pollici, ovvero 11,43 millimetri.
Poi in pratica oltre ad essere più largo il proiettile, la palla, è anche più pesante, circa il doppio, ed è più lento del 9 para.
Questa rivalità del "più grosso è migliore" la possiamo vedere in tanti altri ambiti.
Pensiamo ad esempio alle auto, in particolare a quelle gigantesche come Buick e Chevrolet degli anni '50, oppure alle moto,
la classica Harley Davison esageratamente grossa sia di stazza che di cilindrata,
ma allo stesso tempo piuttosto lenta rispetto a moto europee o giapponesi di cilindrate inferiori.
Insomma questo libro è un atto d'amore verso il 45 ACP, ma allo stesso tempo secondo me è un "American pride", un atto d'orgoglio "Made in USA".
Introduzioni
Il plurale è d'obbligo perché oltre all'introduzione propriamente detta, bisogna anche considerare che il primo capitolo è di fatto un'introduzione,
una contestualizzazione per questo calibro ormai centenario, in produzione dal 1904.
Inaspettatamente la prima, l'introduzione propriamente detta, è decisamente poetica,
con un paragone che dovrebbe rendere orgogliosi noi italiani è tutta incentrata sul
Pantheon di Roma.
Perfetto come edificio, innovativo e soprattutto copiato abbondantemente (bello l'excursus sull'arte rinascimentale italiana)
il Pantheon dopo tanti secoli è ancora lì!
Tale è anche il .45 ACP, forse leggerissimamente migliorabile, ma di sicuro la migliore soluzione per tutte le armi: pistole, revolver e fucili.
E si arriva così esaltati al primo capitolo: "All'inizio ...":
Quando i film erano in bianco e nero, silenziosi e non troppo diffusi [...] Sigmund Freud pubblicava L'interpretazione dei sogni introducendoci in un nuovo corso lungo un secolo di psicologia bizzarra che vacillava da un estremo all'altro [...] la regina Vittoria era ancora sul trono della Gran Bretagna. Guglielmo II, lo zar della Russia (o più esattamente Nicola II, imperatore ed autocrate di tutte le russie), gli imperatori di Cina e Giappone e tutta una serie di re, duchi e nobili vari sedevano in carica sui vari troni responsabili praticamente della maggior parte delle persone sulla terra all'epoca [...]
Siamo esattamente agli inizi del '900 come si sarà capito, e anche qui come si può vedere un po' di colore e di nostalgia non manca nelle descrizioni.
Dal punto di vista delle armi le polveri infumi si stavano diffondendo e il ".38 special" stava sostituendo l'anemico ".38 Colt",
e l'esercito cominciava a sentire il bisogno di sostituire i vecchi revolver Colt e i fucili Winchester con qualcosa di più efficiente
che mantenesse però il calibro .45, quindi un proiettile comunque robusto.
In Europa si stava facendo qualcosa di leggermente più efficiente, comparivano le prime pistole semiautomatiche:
la Mauser C96
(il primo corpo armato al mondo ad adottarla, e quindi il primo ad adottare una pistola semiautomatica, è stata la Marina Italiana)
e l'ingombrante Borchardt
un insuccesso commerciale trasformato poco dopo da Georg Luger in quella meraviglia tecnologica artigianale che è stata l'omonima
Luger Parabellum.
L'elegantissima pistola col famoso ginocchiello che sale durante lo sparo c'ha provato ad approdare tra gli yankee,
e per l'occasione si è dovuta trasformare in calibro .45, ma alla fine nonostante le ottime prestazioni non ce l'ha fatta.
Saranno stati veramente obbiettivi o avranno anticipato (alla faccia del libero mercato) il
Buy American Act di Roosvelt del '33?
(Digressione mia, non del libro).
L'antagonista della Luger era la Colt modello 1905, che aveva adattato il sistema Browning allo stesso nuovo calibro, il nostro 45 ACP.
Ovviamente fu la Colt a vincere anche se dovette adattare ulteriormente l'arma fino a creare un nuovo modello, il famoso "M1911".
Con cosa usarlo
Il nosto calibro era nato espressamente per questa funzione, quindi per questa pistola, la
Colt M1911.
Di questa pistola ne sono state fatte tantissime varianti ma soprattutto tantissimi cloni, al punto che "1911" è diventato un sostantivo che indica un tipo di pistola in generale
(vedi ad esempio la citazione iniziale dove si parla di "Kimber 1911").
Il nostro autore con un intero capitolo risponde preventivamente ad una domanda che potrebbe sorgere:
se questo calibro è nato per questa pistola ha senso spararlo in altre armi? E la risposta è, ça va sans dire, assolutamente sì!
Quindi oltre a tutti i cloni della 1911, vengono presentati anche i revolver e i fucili.
Il revolver è nato subito dopo, anche per la relativa facilità di progettazione delle pistole a rotazione: basta adattare cilindro e canna ad un castello (adeguato) già esistente;
ed è nato non per motivi ludici, per una precisa esigenza: fare da backup, da scorta, alle nuove Colt M1911 in caso di malfunzionamenti o scarsità di approvvigionamento utilizzando le stesse munizioni.
I revolver sono più economici di questo tipo di pistola, inoltre sono più affidabili, hanno l'unico piccolo difetto di avere solo sei colpi a disposizione, contro i 7/8 delle 1911 monofilari
(le bifilari, cioè con due file di cartucce nel caricatore, sono poco diffuse perché parecchio ingombranti da impugnare).
Poi ci sono i fucili, anzi il fucile per eccellenza: il
Thompson, il mitra per eccellenza,
quello presente nella mente di tutti quelli che hanno visto qualche film di gangster anni '30, durante il proibizionismo.
Con i suoi "padelloni", caricatori a forma di tamburo, da 50 e da 100 colpi questo mitra è diventato più famoso nell'ambito civile (più criminale che civile in realtà!) che in ambito militare.
Non mi dilungo ulteriormente, ma vorrei sottolineare che tutte queste cose che sembrano dover interessare solo appassionati e professionisti,
in realtà coinvolgono tutti, perché tutti leggiamo libri o fumetti o guardiamo film di azione, o storici dove compaiono armi e munizioni
e siamo quotidianamente informati da giornalisti di cronaca spesso totalmente ignoranti sull'ABC delle armi.
Bossoli, palle, polveri, inneschi, ricarica e test
E parlando di ABC delle armi (sottinteso: armi da fuoco leggere) bisognerebbe partire dalla cartuccia, dalla munizione.
Non so se si possa identificare come sineddoche quell'orrendo errore che fa usare a molte persone, i giornalisti per primi,
il termine "proiettile" (ma anche "pallottola") al posto di "cartuccia" o "munizione".
Il proiettile è un componente della cartuccia, è quel pezzo di metallo pesante, solitamente una lega di piombo, che viene sparato, cioè proiettato a gran velocità, dalla canna.
Si può definire anche "pallottola" o "palla", perché nonostante la forma cilindrica in cui si è sviluppato dopo l'avvento delle canne rigate, nelle antiche pistole era di forma sferica,
a palla per l'appunto.
Sembrano solo sottigliezze difficili da memorizzare?
Mi pongo per un attimo al posto del solito politico che riceve una busta con dei "proiettili", o almeno così dice il giornale.
Se sono veramente proiettili, personalmente mi preoccupo del fatto che qualcuno possa odiarmi al punto di voler farmi del male,
ma non più di tanto perché quelli che mi ha inviato sono dei pezzetti di piombo in libera vendita che senza una pistola al limite si possono solo tirare con una fionda.
Se invece quei proiettili erano in realtà cartucce l'affare si fa un po' più serio: se questo signore è riuscito a procurarsi, e probabilmente in modo illegale,
anche solo una cartuccia, è probabile che abbia anche l'arma adatta a spararla.
Chiusa la piccola parentesi polemica, sintetizzo in due righe questi capitoli parecchio tecnici.
Basti sapere che si fa presto a dire 45 ACP. Le combinazioni delle varie componenti della cartuccia possono dare risultati parecchio diversi.
In particolare per le palle (o pallottole o proiettili che dir si voglia): se il peso classico è di 230
grani,
ce ne sono però anche di più leggere fino a 200 e anche meno, quindi decisamente più veloci, e infine sulle forme poi c'è di che sbizzarrirsi.
Vorrei aggiungere di mio una precisazione sulla balistica per far capire che a volte non si stratta solo di questioni tecniche di scarso interesse.
Nell'ambito della balistica, quindi della fisica, il 45 ACP è un calibro con una pallottola più pesante del 9 Luger (per la precisione il doppio: 230 grani contro 124),
e ben più lento. In un uso urbano questo può tradursi in un vantaggio, principalmente perché la sovra-penetrazione (overpenetration) è in generale un grosso problema,
ma non solo: c'è anche una questione di rimbalzi indesiderati del proiettile.
Utilizzi
Ho apprezzato molto l'ordine in cui vengono presentati: prima viene il capitolo 11 "Competition with the .45 ACP", e solo dopo il capitolo 12 "Defense with the .45 ACP".
In barba a chi pensa che si possa acquistare una pistola solo per sentirsi Rambo!
Sulle competizioni vorrei presentare almeno superficialmente l'ambito sportivo per i diversamente appassionati.
Innanzitutto il .45 ACP alle Olimpiadi non ci arriva: è troppo grosso.
Le specialità olimpiche di tiro a segno classico, che prevedono l'immobilità in pedana e al massimo un bersaglio che si muove, sono fatte per i piccoli calibri, molto piccoli.
Però esistono specialità sportive che prevedono una certa mobilità (e in velocità seppur per pochi metri) e una di queste è, qui in Italia, dal 2010 iscritta al CONI: si tratta del
Tiro dinamico sportivo,
rappresentato dalla FITDS in Italia, e dall'IPSC a livello mondiale.
In questa specialità ci sono, indipendentemente dalla classe, due cosiddetti fattori: il "minor" per i calibri meno energici (tipicamente il 9 Para o il 9x21 suo gemello)
e il "major" per i calibri più robusti (tipicamente il .45 ACP e il .40 Smith & Wesson).
Questa distinzione serve perché i tiratori che optano per il major vengono premiati nel punteggio, poiché sono calibri più difficili da gestire.
Tutto questo per dire che il .45 ACP è ancora vivo e ricercato a dispetto della sua notevole età, dato che ormai è più che centenario.
Lo stesso si può dire per la difesa privata, rappresentata qui in Italia di fatto dalla difesa abitativa dato che il porto d'armi è ristrettissimo e riservato a pochissime categorie.
Viceversa per quello che riguarda le forze armate, quindi in particolare per quelle statunitensi da cui tutto è nato (ma è anche "NATO" se posso permettermi il gioco di parole),
il nostro 45 ACP ha tenuto duro fino al 1985 quando la Beretta è subentrata col più razionale 9 Parabellum.
Più razionale soprattutto perché più economico, ma anche per altre motivazioni.
Insomma il 9 Para alla fine l'ha spuntata.
Conclusione
Mi rendo conto che più che presentare il libro tout court ho fornito di mio molte spiegazioni aggiuntive, accessorie.
Sono partito dal presupposto che l'argomento non è solo poco conosciuto, ma è ben evitato un po' da tutti, cosa secondo me scorretta.
La cultura oplologica è anch'essa importante,
spesso ha modellato e continua a modellare la storia non solo tramite le guerre, ma anche nella lotta al crimine, nell'economia, nello sport.
Ma come dicevo anche i prodotti di intrattenimento si possoni fruire in modo più interessante con le giuste nozioni.
La Colt .45 in mano a Clint Eastwood in "Gran Torino" non è solo un'arma del personaggio reduce dalla guerra di Corea:
è giusto capire che è anche, forse soprattutto, un simbolo, un pezzo di storia, una filosofia.
Probabilmente avrò scontentato sia gli appassionati che riterranno tutto questo noiosamente banale, e magari troveranno anche qualche imprecisione,
così come avrò scontentato tutti gli altri che evitano l'argomento o che lo trovano noioso.
"Sempre tentato. Sempre fallito. Non importa. Tentare di nuovo. Fallire di nuovo. Fallire meglio.".
Samuel Beckett docet.
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Autori: Patrick Sweeney
Titolo: Big fat book
Tipologia: brossura
Dimensioni: 23 X 15,3 cm
Pagine: xx
Editore: Gun Digest Books
ISBN: 978-1-4402-0219-3
Prezzo: $ 24,99
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