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Ultimo aggiornamento: 08 Giugno 2024 (Prairial - Fourche)

ecce nepos Cadmi dilata parte laborum
per nemus ignotum non certis passibus errans
pervenit in lucum: sic illum fata ferebant

ecco il nipote di Cadmo, con una vasta gamma di fatiche
vagando per una foresta sconosciuta con passi incerti
arrivò al bosco: così lo portò il destino.
(Publio Ovidio Nasone, "Le Metamorfosi", Libro III, v.174-176)







Il bagno di Diana di Klossowski

Un episodio strano - L'autore - La tesi del libro - Chiarimenti - Alcuni appunti personali

Un episodio strano

Se alcuni miti greci sono facilmente assimilabili perché rispecchiano alcune situazioni ormai comuni poiché spesso riproposte, vedi ad esempio le dodici fatiche di Ercole o l'impresa eroica di Giasone e gli Argonauti, altri miti suonano più estranei, forse perché diversi dai plot trasformati in stereotipi dall'industria dell'intrattenimento. E' questo il caso di Diana e Atteone.
La storia è nota (come minimo) a chi si interessa un po' di arte classica: Atteone andando a caccia si imbatte in Diana che per rinfrescarsi dopo aver a sua volta cacciato, sta facendo il bagno nuda. La dea come si accorge di Atteone gli spruzza dell'acqua in viso trasformandolo così in cervo. Atteone fugge, ma ormai è troppo tardi: i suoi stessi cani aizzati da Diana lo trovano, e non riconoscendolo lo sbranano. Alla fine i cani vagheranno per la foresta cercando disperati il loro padrone che non c'è più.
Ora se dovessimo classificare questa piccola storia dal triste finale, anzi dal drammatico finale, come facciamo con tante trame che ci vengono proposte o, per restare sul classico, come si fa con una favola di Esopo, dovremmo cercare una morale, un insegnamento. Ma quale morale ci potrebbe essere in tutto ciò?
Con tutta la buona volontà me ne vengono in mente solo due, una più stupida dell'altra:
1) Non si spiano le donne nude che fanno il bagno (che ad un maschio eterosessuale è come dire se vedi cento euro per strada e non c'è nessuno in giro, non raccoglierle)
2) Come dice un vecchio adagio popolare "la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo" che con la chiosa di Robert Freak Antoni diventa "ci vede benissimo e prende la mira anche al buio" (particolarmente azzeccato visto che Diana è la dea dell'oscurità, della notte).
Insomma sembra proprio che questa favola apparentemente non abbia niente da insegnarci. Ma qui arriva in nostro aiuto Pierre Klossowski.

L'autore

Per chi non ha cliccato sul link di cui sopra sintetizzo brevemente: Pierre Klossowski è il fratello del forse più famoso Balthus. Quindi era figlio di un critico d'arte e di una pittrice, fratello di un famoso pittore e a sua volta anche il nostro Pierre è stato pittore, sebbene vedendo le sue opere presenti in rete, con tutto il rispetto, non è che mi entusiasmi nelle arti figurative.
Come scrittore invece, stando a questo libro, mi sembra più interessante. Mentori del nostro come scrittore furono il premio nobel André Gide (a cui Pierre fece da segretario) e il poeta Rainer Maria Rilke (che fu compagno della madre dopo la separazione dal padre Erich Klossowski). Pur non rientrando ufficialmente nel Post-strutturalismo sembra che le sue idee ebbero in quest'ambito un notevole apprezzamento.
In effetti leggendo il libro personalmente trovo una qualche affinità con Roland Barthes, che personalmente avevo sempre inquadrato nello strutturalismo puro ma che Wikipedia mi arruola tra i post-strutturalisti (a volte mi sembra che certe classificazioni siano più masturbazioni mentali che indicazioni significative di metodo o di stile).

La tesi del libro

L'analisi dell'episodio in questione mi pare che parta principalmente, se non esclusivamente, dal terzo libro de "Le metamorfosi" di Ovidio (ci sono altre fonti leggermente diverse che lo riportano), anche se con l'analisi e con l'integrazione poetica che vengono effettuate la scena cambia quasi totalmente da come si può immaginare in purezza leggendo Ovidio.
Klossowski punta subito il dito sul significato principale dell'intero episodio: si tratta di una teofania, cioè è la divinità (Diana) che si manifesta ad un uomo (Atteone).
In realtà Atteone non è propriamente un umano qualsiasi: è il figlio di Autonoe a sua volta figlia di Cadmo e Armonìa; quindi Atteone è il nipote di una dea.
Scomponendo e approfondendo tutti i singoli elementi della vicenda, cioè da dove arriva, come si sviluppa e dove approda, l'autore si interroga sul significato profondo di questa teofania.
La prima questione che pone Klossowski è se veramente l'incontro è accidentale, giacché Ovidio ci dice "sic illum fata ferebant" (così lo portò il destino) riferendosi ad Atteone. Ma il fato è quello che ha guidato i suoi passi nella foresta, o quello che ha guidato la sua volontà nel dirigersi alla grotta, alla fonte di Gargaphia? Dopo essere arrivato perfino a supporre un'attesa alla fonte da parte di Atteone, l'autore giunge alla conclusione che comunque il concetto è il medesimo:

Secondo il mito Atteone cammina senza meta, senza aspettarsi di "imbattersi in Diana". Oppure cammina senza meta con "l'intenzione di sorprenderla". In entrambi i casi è Atteone che "cammina", che si inoltra nello spazio, che arriva nel luogo in cui Diana sta già facendo il bagno quando lui spunta all'improvviso.

Ma chi o cos'è Diana in realtà?
L'intera tesi sviluppata nel libro ha come struttura l'introduzione di un elemento antico e nuovo allo stesso tempo: il demone. Prendendo da Wikipedia: "nella cultura religiosa greco-antica [il demone] ha funzione di ostacolo tra queste due dimensioni; nella filosofia greca, ha invece funzione di intermediario tra l'uomo e il divino".
Diana è una dea, non ha corpo, non ha aspetto umano; quindi per essere vista come donna ha bisogno di un corpo. E qui entra in gioco il demone:

In realtà i demoni non hanno un sesso definito: possono, grazie ad un corpo di una elasticità e di una fessibilità straordinarie, dar forma a dèi molto diversi, un corpo di meravigliosa morbidezza, mirabilmente adatto alle dee.
Questa è la condizione di spirito del demone: si annoia e spia. Si distrae assistendo a scene disonorevoli e umlianti sia per gli dèi sia per gli uomini.

Ma il demone non sostituisce, non copre interamente la dea, e infatti proprio Ovidio ci dice: "is fuit in vultu visae sine veste Dianae", "fu nel volto di Diana che ella fu vista senza vestiti". Quindi non si tratta di una nudità di carne, ma di qualcosa di più.
A questo proprosito Klossowski sembra tenere un atteggiamento un po' ambiguo: da una parte ci dice che è proprio attraverso gli occhi che Diana in sembianze umane svela la propria deità, dall'altra si sofferma sulla descrizione del corpo, così come lo vede Atteone, con descrizioni che raggiungono l'apice dell'erotismo (un modo elegante per non dire che arrivano fino al porno).
Sulla reazione della dea invece è un po' più chiaro: l'atto di spruzzare d'acqua Atteone è qualcosa che riconduce ad una benedizione. Ma è una benedizione che porta alla trasformazione e poi alla morte il malcapitato. La spiegazione di questo va ricercata nell'essenza di questa dea in cui gli opposti convivono: vergine ma assistente delle partorienti, rude cacciatrice che non si ciba delle sue prede ma anche soave bellezza al bagno.

Se acconsente a essere vista, è per abbattere, per continuare ad uccidere; ma nell'uccidere si concede. Se qualcuno la insozza con il suo sguardo, ucciderà: ma esalterà colui che, morendo, l'avrà vista.

Chiarimenti

L'ultima parte del libro viene titolata "Chiarimenti", ma a mio avviso avrebbe potuto anche chiamarsi "Introduzione" ed essere posta all'inizio. Qui l'autore tratta la parte tecnica, ufficiale, analizza il contesto in cui inserire tutta l'analisi fin qui esplicata, nonché offre alcuni spunti interessanti anche laddove non sono funzionali al resto. Procedendo per personaggi ci inquadra le fonti e ci ricorda le interpretazioni più classiche, più asettiche (e quindi talvolta un po' noiose diciamocelo pure).
Tra le situazioni più ficcanti ci ricorda, ad esempio, il cruento meccanismo di sostituzione del Rex Nemorensis, re-sacerdote del tempio di Diana a Nemi. Da Wikipedia: "La funzione sacerdotale di Diana di Nemi era ricoperta da uno schiavo fuggito, che aveva ottenuto quell'onore uccidendo il suo predecessore in un duello rituale e poteva rimanere al suo posto solo fino a quando avesse difeso con successo il suo rango contro tutti i nuovi sfidanti".
Tra le proposte non canoniche troviamo, ad esempio, un'ardita associazione, quasi sovrapposizione, tra Giano e "Diana". Queste due figure mitologiche sono apparentemente distinte: Giano è solo romano mentre Diana ha la controparte greca in Artemide, Diana è una dea tra le altre mentre Giano è un dio sopra gli altri e più antico degli altri, è un "pater divorum", eppure Klossowski riesce ad individuare un'assonanza (oltre a quella dei nomi) tra le due figure.

Alcuni appunti personali

Qualche mese fa ho partecipato ad una visita guidata nella quale si è approcciata una rappresentazione pittorica della scena in questione, "Diana e Atteone" per l'appunto. Sono rimasto piuttosto infastidito dalla spiegazione che avrebbe rasentato il ridicolo, se non fosse stata più penosa che altro.
Per questo quando mi sono trovato di fronte a questo libro poco tempo fa, ho fatto letteralmente un acquisto d'impulso, e col senno di poi devo dire che la lettura è stata catartica. Anche dove la mia personale interpretazione è leggermente diversa da quella del libro in questione, si può dire che non è mai divergente, a differenza della storiella penosa della guida di cui sopra (di cui non dirò altro per non fare pubblicità a chi non la merita).
A riscontro di quanto detto da Klossowski mi sentirei di aggiungere qualcosa.
Atteone era un beota, suo nonno era il re della Beozia e la "valle fitta di abeti e di cipressi aguzzi chiamata Gargaphia" ("Vallis erat piceis et acuta densa cupressu, nomine Gargaphie") dove è avvenuto il fatto è poco distante da Tebe. Quegli invidiosi degli ateniesi già all'epoca avevano trasformato il termine beota in sinonimo di tardo, stupido, ma in realtà la Beozia era tutt'altra cosa. Se leggiamo il IX libro della "Periegesi della Grecia" di Pausania, praticamente una guida del Touring dell'epoca, della Beozia scopriamo meraviglie. Ma soprattutto scopriamo, ad esempio, di un luogo iniziatico: la grotta di Trofonio, nel cui rito per consultare l'oracolo si veniva introdotti, quasi fatti ingoiare "dalla 'bocca oracolare', prima i piedi e poi le ginocchia; il resto del corpo è 'tirato a forza'".
Nelle tradizioni delle iniziazioni c'è sempre per prima la fase della morte rituale; nel caso di Atteone la favola sembrerebbe finire lì, ma come ci lascia intendere Klossowski Diana "ucciderà: ma esalterà colui che, morendo, l'avrà vista".

Quanto più domina la ragione critica, tanto più la vita si impoverisce; ma quanto più dell'inconscio e del mito siamo capaci di portare alla coscienza, tanto più rendiamo completa la nostra vita.
(C.G. Jung)

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Autore: Pierre Klossowski
Titolo: Il bagno di Diana
Tipologia: Brossura
Dimensioni: 22 X 14 cm
Pagine: 115
Editore: Adelphi
Anno di pubblicazione: 2018
ISBN: 9788845933080
Prezzo: Euro 16

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