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Te deprecante turbines
Fugentur atque grandines
nubes maligne et fulmina
fremens et ira Demonum.

(Emilio Veracini, "Himnus" da "Triduo a Sant'Eurosia")

Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2023 (Vendémiaire - Safran)

Due libri su sant'Eurosia

Così simili e così diversi - Santa Eurosia di Elena Prandi - Da Jaca a Corazzano di Francesco Ricciarelli - Un quadro incompleto

Così simili e così diversi

Due libri che trattano lo stesso argomento, nella fattispecie Santa Eurosia di Jaca, sono inevitabilmente simili, ricostruiscono più o meno la stessa storia, citando più o meno le stesse fonti. Ecco però che quel "più o meno" si nota parecchio perfino laddove la storia è la stessa, ad esempio per quello che riguarda l'agiografia e le problematiche ad essa legate nel caso specifico di questa santa. E con questo non voglio dire che un libro sia meglio dell'altro, ma che si completano a vicenda. Però anche mettendoli insieme si ottiene un quadro che comunque è destinato a restare nebuloso per definizione come vedremo.
Entrambi i libri cercano prima di approfondire tutto sulla figura di sant'Eurosia, poi in una seconda parte entrambi analizzano come si è declinato il culto nella propria zona, ovvero Suzzara e in generale il mantovano per Elena Prandi, Corazzano e il sanminiatese per don Francesco Bargelli.
Zone a parte, la prima differenza che salta all'occhio è l'impostazione dei due testi.
Per Elena Prandi si trattava di una tesi di laurea, quindi è consistente, molto documentata, estremamente accurata e completa al punto che sono riportati per intero tutti i documenti, o le pagine interessate a cui ha avuto accesso (unica pecca: non tradotti dallo spagnolo, che però per fortuna per un italiano è abbastanza intuitivo).
Per il parroco don Francesco Bargelli invece si tratta di far chiarezza e di ridare forza ad una santa che nel passato aveva avuto un'importanza notevole a Corazzano, ma che dagli anni sessanta stava via via per essere dimenticata.
Di conseguenza: il primo libro è corposo, mentre il secondo è più sintetico e incisivo.
Poi ci sono significative differenza anche per le immagini. Sono fotografie fatte di persona dalla laureanda recatasi nelle zone della santa durante i festeggiamenti in un caso, mentre nell'altro sono fotografie fatte a livello professionale delle processioni a Corazzano da Daniele Alamia: più genuine e fatte con amore le prime, più tecnicamente belle le seconde.

Santa Eurosia di Elena Prandi

Questa è una tesi di laurea ed è stata pubblicata dal padre in una circostanza estremamente tragica: la morte della figlia, l'autrice, a soli 53 anni. E' un libro che si vede che è stato scritto con una passione che andava al di là dell'obbligo universitario, e che è stato pubblicato per onorare la memoria dell'autrice che forse per modestia di suo non l'avrebbe mai pubblicato. Se pensiamo ai vip che scrivono (o si fanno scrivere) un libro per mero interesse commerciale e di marketing, o ai vanitosi che pubblicano solo per poter dire "io sono l'autore", direi che qui siamo su un altro livello, quantomeno morale.
Già le immagini fanno intuire che la tesi è stata fatta una trentina di anni prima, e in particolare le foto delle celebrazioni in Jaca e Yebra che probabilmente oggi sono diventate una documentazione storica importante di un qualcosa che si è inevitabilmente trasformato.
Quando si dice "vita, morte e miracoli" in riferimento ad un santo, non è un modo di dire. Per quello che riguarda la nostra Orosia, sui miracoli non c'è mai stato alcun dubbio, sulla morte qualche dettaglio è stato in discussione, ma la vita resta un mistero. La tradizione popolare la voleva boema di sangue nobile, venuta appositamente in Aragona per sposarsi, ma martirizzata dai mori prima di esserlo, quindi tecnicamente vergine. Indagini ecclesiastiche successive alla santificazione e richieste per promuoverla da santo locale ad universale hanno escluso quest'ipotesi, e hanno stabilito che Orosia doveva essere aragonese di nascita ed eremita di vocazione: rifiutando i partiti proposti dai genitori si era consacrata interamente a Gesù.
Elena Prandi ci riporta molto dettagliatamente entrambe le ipotesi, ma mentre sulla seconda è piuttosto sintetica, anche perché è ben documentata e c'è poco da dire, sulla prima ipotesi si sofferma molto regalandoci una storia molto affascinante per la quale è spontaneo parteggiare. In entrambi i casi Eurosia ne esce santa, vergine e martire per mano dei saraceni, però la tesi boema è sicuramente più bella e comunque molto documentata dal lavoro certosino fatto dall'allora laureanda Prandi.
Un altro aspetto piacevolmente dettagliato e che dubito sia presente in altre opere in italiano, è la descrizione delle feste che si celebrano il 25 giugno nei luoghi della santa, cioè Jaca, Yebra, dove venne trovato il corpo e dove scaturì la sorgente. In particolare descrive le corporazioni degli officianti che portano le reliquie nelle processioni, come vengono scelti, cosa possono mangiare prima delle celebrazioni, insomma tutto, ma proprio tutto. Comprese come, si diceva, le foto fatte dall'autrice a Jaca e Yebra negli anni '90.
Posso immaginare anche che sia completo l'inventario delle presenze della santa nel mantovano sotto forma di dedicazioni, statue e dipinti.
Insomma: un lavoro monumentale!

Da Jaca a Corazzano di Francesco Ricciarelli

Il lavoro di Elena Prandi è stato così completo che don Francesco Ricciarelli lo cita nella bibliografia, e non stupiscano le date: anche se come libro è stata pubblicata nel 2021, la tesi era già uscita sulla rivista Humanitas.
In questo agile libretto don Francesco è tranchant: quella boema è una leggenda, affascinante sì, ma nata dal nulla, dal mito. Quindi molto più pragmaticamente spiega meglio la verità ricostruita successivamente. Una verità che rende doppiamente gloria alla santa che rifiutando i partiti proposti dai genitori, seppur diplomaticamente per non mancare di obbedienza, aveva dedicato fin da subito la sua vita a Gesù ritirandosi in un eremo.
E qui scatta un primo sorriso.
Dal libro di don Francesco apprendiamo che nel 1624 Pedro de Santiago, un frate agostiniano chiamato ad appurare l'agiografia della santa, si era accorto che la tesi boema non stava in piedi, e ipotizzò quindi l'attuale ricostruzione, ora certificata e validata dalla chiesa. Ma all'epoca quando la presentò la prima volta fu diffidato dalle autorità cittadine a riportare quanto aveva scoperto. Successivamente, nel 1627, provò a ripresentare sotto pseudonimo la sua ricostruzione come "ipotesi" per non irritare troppo le autorità. Oggi, viceversa, se qualcuno volesse sostenere la tesi boema in qualche testo verrebbe diffidato allo stesso modo: non è storica, non è scientifica, non è documentata.
Come disse Pilato: "Quid est veritas?", "Che cos'è la verità?". La verità sembra essere la figlia dei tempi: se una volta la fede e la devozione popolare avevano la precedenza, ora il don Francesco di turno deve fare i conti con il metodo scientifico applicato all'indagine storica. Guai ad irritare l'intellighenzia storico-scientifica!
Un secondo sorriso l'autore del libro ce lo strappa con una nota al ritornello dell'inno facente parte del "Triduo a Sant'Eurosia":

O S.Eurosia impetraci
Del Buon Gesù che i turbini
E le tempeste e grandini
Lungi da noi sen fuggano

Se le strofe dell'inno sono tutte in latino, il ritornello era solo in italiano, ma evidentemente ciò non è stato sufficiente ad evitare imbarazzanti errori. E infatti l'autore ci racconta che:

In tempi recenti il testo del ritornello è stato modificato sostituendo il verbo "impetraci" con "ottienici!", per facilitarne la comprensione e per evitare storpiature come quella che in passato è stata attribuita ai devoti corazzanesi, che in processione avrebbero cantato: "O Sant'Eurosia impietraci, che il buon Gesù ci furmini ..."

Più che una storpiatura si trattava di un boomerang che rischiava di tornare dritto volto!
Sicuramente sia il buon Gesù che Sant'Eurosia avranno capito la preghiera giusta, cioè quella che arrivava dal cuore e non dalle labbra, però sicuramente un sorriso l'avranno fatto pure loro.

Un quadro incompleto

Come dicevo all'inizio i due libri sono complementari, forniscono lo stesso quadro di base integrandolo in modo diverso. Anche la documentazione è complementare: da una parte i documenti spagnoli consultati e forniti da Elena Prandi, dall'altra panegirici e orazioni italiane proposte da Francesco Ricciarelli.
A testimonianza di questa complementarità c'è il quasi paradosso temporale dei due libri che si citano a vicenda nelle rispettive bibliografie. Come già spiegato ciò è stato possibile perché la tesi era già stata pubblicata sulla rivista Humanitas, e quando il padre di Elena (Carlo Prandi che ha scritto anche un'interessante postfazione) l'ha pubblicata come libro, il volume di Francesco Ricciarelli era già uscito da più di un lustro.
Però in questo completarsi a vicenda i due libri non esauriscono certo l'argomento. A partire dalla doppia agiografia, come boema e come aragonese, la vita di Orosia resta avvolta un po' nel mistero, così come il martirio: le furono amputate le mani o, come sostengono ricerche recenti, queste furono trafugate come reliquie successivamente? Da notare per inciso che se Don Francesco non ha dubbi sull'origine Aragonese della santa, sulla pagina spagnola di Wikipedia troviamo nella scheda riassuntiva "Nacimiento Año 855 / Laspicio, Bohemia".
Oltre a molti dubbi sulla vita e a uno sul martirio, che probabilmente dopo più di un millennio sarà difficile se non impossibile chiarire definitivamente, i due libri lasciano esplicitamente aperta la questione su quanti luoghi e quante testimonianze ci sono per il culto della santa in Italia, nonché a maggior ragione all'estero. Un libro approfondisce per il mantovano, l'altro per il sanminiatese ed entrambi accennano a luoghi vari nel nord Italia (compreso Mizzole!) e nel Lazio (questi ultimi strettamente legati alla famiglia Colonna), lanciando nel contempo l'invito ad altri a proseguire il lavoro.
Ecco quindi che il quadro finale è inevitabilmente incompleto per l'agiografia, mentre è auspicabilmente completabile per quello che riguarda le tracce del culto; però c'è un'ultima lacuna in entrambe le opere, e a mio avviso una colpevole lacuna riguardo ai miracoli.

I miracoli, a partire dal ritrovamento del corpo da parte di un pastore su suggerimento di un angelo, sono tutti ben documentati e sorprendenti. D'altra parte doveva essere così perché il culto di una semisconosciuta santa spagnola del X secolo si propagasse così ampiamente in tutta Europa e in modo così intenso; la devozione verso i santi nasce sì da una fede, e da una fede profonda, ma anche da motivi utilitaristici. Ovvero: più l'intercessione del santo funziona, più il suo culto si espande.
Nel caso di Sant'Eurosia stiamo parlando della protezione contro le tempeste, la grandine, i fulmini, la siccità, le cavallette, o qualsiasi altro evento naturale che si rivelava particolarmente disastroso nelle civiltà rurali, legate all'agricoltura.
Un aspetto su cui però sorvolano i due libri è quello della cura degli spiritati, gli "espirituados" o "espiritados". Don Francesco accenna molto brevemente al fenomeno con due frasi, non una di più:

Fino agli anni '50 del secolo scorso la romerìa di Sant'Eurosia, cioè il pellegrinaggio sul monte di Yebra, era associato ad un rito collettivo sugli "spiritati" provenienti da tutta la regione e anche dal versante francese dei Pirenei. Un patronato stravagante quello di Sant'Eurosia sugli indemoniati, che le guadagnò l'appellativo di "expulsadora de demonios", che è cessato nella seconda metà del secolo scorso, quando le manifestazioni di isteria collettiva che si scatenavano durante i riti religiosi furono espressamente proibiti dall'autorità locale.

Ora se andiamo invece sulla sopracitata pagina di Wikipedia in spagnolo vediamo che alla "Curación de espirituados" viene dedicata quasi metà dell'intera pagina. Possiamo dire che è stato dato un peso ben diverso!
In Italia abbiamo avuto la fortuna di avere uno studioso del calibro di Ernesto de Martino che è riuscito a documentare, anche in modo audiovisivo (vedi "La terra de rimorso" e il relativo documentario prodotto dalla RAI), fenomeni analoghi analizzandoli come fossero retaggi pagani nella religiosità dell'Italia meridionale.
Già le danze effettuate durante le "Romerìas", documentate da Elena Prandi erano malviste dalla chiesa al punto che l'autrice ci spiega come erano state vietate all'interno delle chiese già dal Concilio di Trento. Figuriamoci questo rito collettivo che è così somigliante ancor oggi a riti derivanti dalla religioni del Mali (Candomblè, Santeria, ecc.), quindi di sapore spiccatamente pagano.
Sembra che purtroppo per restare nell'ambito dell'ortodossia cattolica si sia preferito soprassedere. E' un peccato perché nel nome della storia del folklore, della religiosità e della spiritualità popolare sarebbe giusto a mio avviso documentare tutto. Anche perché il vero nemico del cattolicesimo non sono le altre religioni, ma il bieco materialismo dilagante che da decenni svuota non solo le processioni, ma anche le chiese.

Autori: Elena Prandi
Titolo: Santa Eurosia. Un culto agrario dai Pirenei spagnoli alla Pianura Padana
Tipologia: brossura
Dimensioni: 16,5 x 24 cm
Pagine: 184
Editore: Editoriale Sometti
Anno di pubblicazione: 2021
Prezzo: 15 €

Autori: Francesco Ricciarelli,
Titolo: Da Jaca a Corazzano. Il culto di sant'Eurosia "patrona delle campagne". Tra storia e leggenda
Tipologia: brossura
Dimensioni: 20,5 x 13,5 cm
Pagine: 96
Editore: La Conchiglia di Santiago
Anno di pubblicazione: 2015
Prezzo: 12 €

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