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Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre 2024 (Frimaire - Oseille)

Si puņ sperare
Che il mondo torni a quote pił normali
Che possa contemplare il cielo e i fiori
(Franco Battiato, "Povera patria")







Brindo a Cenne e a Folgóre

Prima di tutto - Il libro - Un confronto sinottico - Guccini

Prima di tutto

Parlare di Folgóre da San Gimignano e di Cenne della Chitarra per un italiano contemporaneo, ma in particolare per un fan come me, significa parlare di Francesco Guccini, che ha reso famosi questi due poeti minori con sua celebre "Canzone dei dodici mesi".
Per anni ho ascoltato (con troppa leggerezza!) questa bellissima canzone chiedendomi senza troppa curiositą cosa diavolo volesse dire brindare "accenni e folgóre", perché la mente tende a ricondurre le parole che si sentono a quelle conosciute, e "a Cenne" proprio non voleva entrare. Poi leggendo il testo ho risolto meglio il verso, ho appurato il significato, cosģ quando quest'anno mi č capitato davanti questo agile librettino non ho esitato a comprarlo.
Per quanto detto fin qua, con particolare riferimento al mio affetto per il "Maestrone" di Pavana, si puņ capire perché prenderņ lo spunto dal libro per parlare anche del pił "colto dei cantautori", come l'ha definito Umberto Eco. Un inserto gucciniano cosģ l'avevo gią fatto anche in questa pagina sugli umarells; d'altronde per me si tratta di dissertazioni irresistibili.

Il libro

Una volta tanto siamo liberi dai diritti di copyright, per cui volendo si possono trovare i testi ad esempio anche su Wikisource, perņ ...
Innanzitutto mi sembra corretto valorizzare il lavoro di un editore che si spende per diffondere un minimo di cultura (che poi ci guadagni anche non ci giurerei: in questi casi si lavora pił per passione). Ma soprattutto stiamo parlando di poesia e non di scatole di fagioli che si possono trovare uguali sottocosto in un altro supermercato. Pensare a questi sonetti medievali letti su uno schermo č veramente dissonante, brutto, sgraziato.
Questo č un libro decisamente tascabile da portare con sé per leggerlo magari in un prato, all'ombra di un olivo d'estate o davanti ad un bel paesaggio d'inverno. Pił in generale se le poesie in genere vengono impaginate con cura, con un ampio, amplissimo respiro, č perché lo necessitano, e i libri di poesia rispettano questa eleganza. Posso al limite capire i pił feticisti che preferiscono la prima edizione (in questo caso temo che non sia possibile) per "l'odore della carta" (sic!) ma, passando all'estremo opposto, leggere queste poesie anche solo stampate su un A4 da stampante laser sarebbe avvilente. Mi sembra che 9 Euro non siano poi una cifra spropositata (no: le case editrici non mi pagano per queste pubblicitą, anzi qualche volta si arrabbiano pure se oso mettere una foto senza permesso).

Il padrone di casa č senz'altro Folgóre con i "Sonetti per l'armamento di un cavaliere", i "Sonetti della 'Semana'", i "Sonetti dei mesi" e i "Sonetti politici e moraleggianti", mentre Cenne č tirato in causa perché gli fa il verso per i mesi. Come riporta Wikipedia, quello di Folgóre č lo stilema Plazer, "componimenti in cui si elencano una serie di situazioni piacevoli nell'ambito laico e mondano", mentre in netta contrapposizione troviamo Cenne con lo stilema Enueg "in cui vengono espresse lamentazioni per le preoccupazioni quotidiane e sono enunciate cose fastidiose".
In questa tenzone poetica Cenne con la sua "Risposta per contrari" voleva farsi burla di un mondo cortese avviato ormai al declino, rappresentato dall'agguerrito guelfo Folgóre. E per agguerrito intendo non solo come uomo d'arme, ma anche come poeta: i suoi sonetti politici sono veramente duri con la controparte ghibellina.

Eo non ti lodo, Dio, e non ti adoro,
e non ti prego, e non ti rengrazio,
e non ti servo: ch’eo ne son piś sazio che l’anime di stare in purgatoro;

perché tu hai messi i guelfi a tal martoro
ch’i ghibellini ne fan beffe e strazio;
e se Uguccion ti comandasse il dazio,
tu il pagaresti senza perentoro.

E per fortuna che i guelfi erano quelli dalla parte del Papa! Chissą cosa direbbe oggi sapendo che ogni anno, dopo pił di sette secoli, viene celebrata ancora a Siena la vittoria ghibellina della Battaglia di Montaperti, una batosta memorabile per la parte guelfa.

Alla fine del libro troviamo invece i sonetti dei mesi di Cenne che, come si diceva, fanno il verso a quelli di Folgóre. Se i primi versi di ciascun sonetto di Cenne non riprendessero quelli di Folgóre, sembrerebbero una serie di strali lanciati verso un non precisato nemico, quasi uno sfogo.
Partendo invece dal solo presupposto che il poeta si stia rivolgendo a tutti, sembrerebbe agli occhi moderni un Leopardi ante litteram che ricorda al mondo come la natura sia solo cagione di sofferenza: "O natura, o natura | perché non rendi poi | quel che prometti allor? Perché di tanto | inganni i figli tuoi?" ("A Silvia"), "Questo viver terreno, | Il patir nostro, il sospirar, che sia [...] Rida la primavera, | A chi giovi l'ardore, e che procacci | Il verno co' suoi ghiacci" ("Canto notturno di un pastore errante dell’Asia"), e via cosģ gufando.
Ma se giustamente contestualizzati invece questi versi, quelli del Cenne intendo e non quelli del recanatese, rivelano una penna dissacrante, una mente arguta.

Un confronto sinottico

Mi sono permesso di fare questa piccola tavola sinottica dove confronto per i mesi di settembre, ottobre e novembre, le prime quartine di Folgóre e Cenne, associandole a quelle corrispondenti della canzone di Guccini e alle statue dei mesi capolavoro dell'Antelami presenti nel Battistero di Parma.

Folgore da San Gimignano

Cenne della Chitarra

Francesco da Pavana

Battistero di Parma

Di settembre vi do diletti tanti
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
brachette con sonagli, pasto e guanti;

Di settembre vi do gioielli alquanti:
ągor’ e fusa, cumino et asolieri;
nottol’ e chieppe con nibbi lanieri;
archi da lana bistorti e pesanti;

Settembre č il mese del ripensamento sugli anni e sull'etą
Dopo l'estate porta il dono usato della perplessitą, della perplessitą
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identitą
Come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilitą, le possibilitą

Di ottobre nel contį, c’ha buono stallo,
e’ pregovi, figliuoi, che voi n’andate;
traetevi buon tempo ed uccellate,
come vi piace, a pič ed a cavallo.

La sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto e inebriate,
ché non ci ha miglior vita, in ventate:
e questo č vero, com’č ’l fioriti giallo.

D’ottobre vi conseglio senza fallo
che ne [la] Falterona dimorate,
e de le frutta, che vi so’, mangiate
a riglie grand’, e non vi canti gallo.

Chiare vi son l’acque come cristallo;
or bevete, figliuoli, e restorate;
uccellar bono v’č a’ varchi, en veritate,
ché farete nel collo nervo e callo,

Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza
Nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze
Lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse

E di novembre Petriuolo, il bagno,
con trenta muli carchi di moneta:
la ruga sia tutta coverta a seta;
coppe d’argento, bottacci di stagno:

Di novembre vi metto in un gran stagno,
in qual parte pił pņ fredda pianeta,
con quella povertą che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran danno.

Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti
Lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada
Te pure, un giorno, cambierą la sorte in fango della strada, in fango della strada

Le tavole sinottiche possono essere anche una pratica mutilante, impoverente, perņ fanno risaltare particolari interessanti.
Il primo č anche il pił banale di cui si č gią detto: Cenne fa il verso a Folgóre, sia con la rima che con l'impostazione. "Di settembre vi do gioielli alquanti:" verso l'originale "Di settembre vi do diletti tanti" (laddove il termine "gioielli" di Cenne va inteso con sarcasmo), "D’ottobre vi conseglio senza fallo" verso "Di ottobre nel contį, c’ha buono stallo,", "Di novembre vi metto in un gran stagno," verso "E di novembre Petriuolo, il bagno," e cosģ via anche per i versi successivi.

Per il secondo particolare tiro in ballo Guccini, che rappresenta la modernitą anche se indulge sempre con uno sguardo sul passato; con lui vediamo una sostanziale differenza tra la visione medievale e quella contemporanea. Riprendendo i due poeti il Maestrone si concentra sģ sulla natura, ma si alterna con considerazioni intimiste, esistenzialiste, filosofiche, aspetti tutt'al pił sottintesi nei due vati trecenteschi. Ecco quindi che le "nebbie gravi [che] coprono gli orti" ci ricordano che anche per noi un giorno "cambierą la sorte in fango della strada". Cenere eri e cenere tornerai!
Che dire poi del verso "come uccelli tristi fuggono nubi pazze" che ricorda un po' quello celeberrimo del San Martino di Carducci, anticipandolo di qualche settimana: "com'esuli pensieri nel vespero migrar"? Viceversa "Settembre č il mese del ripensamento sugli anni e sull'etą" parla da solo, apre gią con un'interrogazione interiore ispirata inevitabilmente dal finir dell'estate.

Per il terzo particolare invece parto da uno sfasamento che potremmo definire enologico: il vino subentra ad ottobre sia per Folgóre, "La sera per la sala andate a ballo, | e bevete del mosto e inebriate", che per Francesco, "Nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza". (Piccola parentesi per un "don't try this at home", non provate questo a casa: un bicchiere di mosto pił che un effetto inebriante ha un effetto lassativo immediato!).
E se Cenne non ne fa cenno (scusate non ho resistito) consigliando per contrappasso di bere acqua, Antelami ci parla figurativamente del vino con riferimento alla vendemmia nel mese di Settembre. Poi in ottobre sempre Antelami ci mostra la semina del grano e in novembre la raccolta delle rape. In pratica lo scultore (o forse il committente) del battistero di Parma guarda alla natura di settembre con gli occhi agricoli, di chi lavora, mentre Folgóre e Francesco posticipando di un mese celebrano il frutto di questo lavoro.

Guccini

Partiamo dal titolo di questa pagina, il verso della succitata "Canzone dei dodici mesi", quando parlando di maggio Francesco cita i due poeti: "Ben venga Maggio, ben venga la rosa che č dei poeti il fiore | Mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgóre". L'ordine dei due poeti č invertito rispetto all'importanza quantitativa e forse qualitativa palesemente per ragioni di rima in "óre" (lo pseudonimo di Giacomo di Michele non fa riferimento a "fulmine" ma a "fulgore", "splendore"), perņ č chiaro che vengono messi da Francesco sullo stesso piano: lui brinda a tutti e due.

Potrebbe sembrare un piccolo dettaglio insignificante, ma se ripensiamo all'intero corpo dell'opera gucciniana ci rendiamo conto che effettivamente l'autore č un po' Cenne e un po' Folgóre. Abbiamo ad esempio un Guccini-Cenne in "Nostra signora dell'ipocrisia" nella quale irride amaramente non solo una classe politica corrotta, ma l'intero entourage: "Dai puttanieri a diversi pollici", "i cavalieri di tigri a ore e i trombettieri senza ritegno", "Un artigiano di scoop forzati", "un anchorman che piangeva", insomma tutti quelli che attingevano nello stesso trogolo. O ancora in "Don Chisciotte" dove insieme a Sancho-Flaco Biondini dichiara: "sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte:", giusto per non citare l'abusata "Avvelenata" che stando anche alle intenzioni dell'autore avrebbe dovuto essere una delle canzoni minori, uno sfogo del periodo, e invece č diventata una delle sue pił note specie al di fuori della schiera degli appassionati.
Abbiamo un Guccini-Folgóre invece nelle canzoni d'amore come "Vorrei" dove in una sorta di feticismo romantico-naturalista il poeta dichiara: "Vorrei conoscer l'odore del tuo paese | Camminare di casa nel tuo giardino | Respirare nell'aria sale e maggese| Gli aromi della tua salvia e del rosmarino [...] E i ciuffi di parietaria attaccati ai muri | Le strisce delle lumache nei loro gusci". E ancora in "Black-out" nella quale l'assenza di corrente ispira i viaggi della fantasia che finiscono quando il frigo comincia a "scatarrare versi futuristi", e la modernitą torna sotto forma di corrente elettrica: "E questo buio, che sollievo | Ci dona un altro Medioevo | Io levo dall'oscuritą tutta la nostra civiltą | Velocitą di macchine a motore | Follia di folla e di rumore | E metto ritmi pił lontani | Di bestie, legni, suoni umani | Odore d'olio e di candele | Fruscio di canapi e di vele | Il miele, il latte, i pani e il vino vero".
Ma forse la canzone che pił di tutte condensa queste due anime con un alternarsi di strofe č "Cirano". Da una parte c'č il guascone campione di spada e di penna: "Venite pure avanti, voi con il naso corto | Signori imbellettati, io pił non vi sopporto | Infilerņ la penna ben dentro al vostro orgoglio | Perché con questa spada vi uccido quando voglio", dall'altra c'č il tenero innamorato che si rivolge alla sua Rossana: "Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo | Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo| Dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto | Dove non soffriremo e tutto sarą giusto".
In entrambi gli animi perņ un aspetto emerge chiaramente, prepotentemente: la voglia di tornare a "ritmi pił lontani | Di bestie, legni, suoni umani", come potevano essere i ritmi medievali della Toscana di Cenne e Folgóre, vicini nello spazio ma lontani nel tempo.

"E per un istante ritorna la voglia di vivere
A un'altra velocitą"

(Franco Battiato, "I treni per Tozeur")

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Autore: Folgore da San Gimignano, Cenne della Chitarra
Titolo: Folgore da San Gimignano - Sonetti
Editore: Arpeggio Libero Editrice s.a.s.
Copertina: brossura
Pagine: 65
ISBN: 979-1280948137
Anno di pubblicazione: Ottobre 2024
Dimensioni: 18 x 12 cm
Prezzo: 9.00 Euro

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