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Un petalo è illimitato;
un pistillo più alto di un totem dell'Amazzonia;
una foglia imprevedibile come l'oceano.
Vittorino Andreoli
Vittorino Andreoli, per i pochi che non lo conoscono,
è un'insigne psichiatra veronese di fama mondiale.
Mi sarebbe piaciuto poterlo annoverare tra i personaggi illustri della Val Squaranto, ma la sua casa è sul crinale della collina appena di là, e dà sulla Valpantena.
A parte questo neo, l'apporto che ha dato alla psichiatria è innegabile, e quello che mi affascina personalmente di lui è che è una persona che non smette mai di meravigliare.
Dall'aspetto un pò alla Einstein, alla sua casa bizzarra, ai suoi molteplici interessi, il professor Andreoli riesce sicuramente a stupire.
E questo suo libro non fa eccezione: chi se lo aspetta da un eminente psichiatra un libro interamente dedicato a tre specie di gigli?
E come tratta l'argomento? Suddividerei idealmente il libro in quattro aspetti distinti ma intrisecamente connessi tra di loro da un quinto,
al punto che a tratti è quasi difficile distinguerli.
Le immagini
Come si può intuire già dalla copertina e dalle dimensioni (26x29), si tratta di un libro fotografico, in particolare di macrofotografia.
Senza voler togliere assolutamente nulla al corposo lavoro fatto dall'autore, diciamo subito che la macrofotografia, e in particolare di fiori, richiede sì una certa pazienza,
ma è abbastanza semplice da praticare e dà grandissime soddisfazioni.
Semplice perché a differenza di una fotografia sportiva o di reportage non richiede di saper cogliere l'attimo,
rispetto alla ritrattistica non richiede di mettere in posa una persona magari famosa e impaziente, però richiede comunque una certa pazienza per trovare ovviamente la luce giusta,
e di aspettare, nel caso dei fiori, il giusto momento di vento e di stare fermi perchè movimenti anche millimetrici compromettono il risultato.
Alla fine però dà grandi soddisfazioni, specie a colori lavorando coi fiori, perché evidenzia particolari che l'occhio normalmente non coglie,
e che evidenziati fuori contesto stupiscono ed affascinano.
Questo vale per le persone normali. Il professor Andreoli invece è andato molto oltre: "Ho fotografato instancabile il giglio martagone:
ho fissato almeno quindicimila immagini". Me cojoni!
Stiamo parlando del 1988, la fotografia digitale era molto al di là da venire, quindi oltre al costo, mi posso immaginare cos'abbia voluto dire anche solo gestirle e selezionarne
qualche decina per il libro in questione.
La simbologia
Per la simbologia del giglio in generale il testo verte in particolare su quella che è l'iconografia sacra medievale.
Quindi il giglio onnipresente nelle annunciazioni, ma anche nelle mani di vari santi.
Il Giglio come simbolo di purezza ma ... lo psichiatra è in agguato: questo concetto di purezza viene rivisitato sotto un'ottica nuova.
E arriviamo così a ...
L'aspetto psicologico
La lettura psicologica del significato del giglio la definirei molto freudiana.
Il celebre neurologo moldavo, universalmente riconosciuto come padre della moderna psicanalisi,
è a detta di tutti gli psicologi moderni superato soprattutto per l'aver messo al centro delle sue intepretazioni costantemente il sesso.
Il risultato di fare una lettura sessuale del giglio da parte del professor Andreoli è però molto interessante perché giunge ad una conclusione che
non esclude, ma anzi ingloba in sè, quel concetto di purezza insito nell'iconografia classica.
L'Angelo mostra a Maria il giglio che andrà nel vaso: così un pene entrerà nel suo ventre e concepirà un figlio.
Il pistillo del giglio è l'immagine reale del pene maschile.
Solo più tardi si sono aggiunte le trasformazioni (simboliche) tese a coprire la "vergogna" del sesso e a rendere, per astrazione, la maternità mostruosa.
Una maternità senza sessualità e perciò un lusus naturae.
Nulla, dunque, di più errato di fare di quel pistillo un simbolo di purezza.
Il giglio è passione , potenza, prolificità.
Dal punto di vista cattolico è senz'altro blasfemo mettere in discussione il dogma dell'immacolata concezione, ma anche il cattolico più intransigente deve riconoscere che più in generale una certa demonizzazione della maternità, soggiogata al concetto di essere frutto di una sessualità impura, oltre che sbagliata dal punto di vista teorico, dal lato pratico ha fatto tante, troppe vittime innocenti nel corso dei secoli.
L'aspetto botanico
Va da sè: stiamo parlando di uno scienziato. Quindi anche quando sconfina in ambiti non propri, non può fare meno, quasi come riflesso condizionato,
di classificare secondo la scienza ciò di cui sta parlando.
Per amor di precisione diciamo che il libro tratta di tre specie di gigli: il
lilium martagon (giglio martagone),
il lilium bulbiferum (giglio di san Giovanni) e il
paradisea liliastrum.
La poesia
Tutto il libro è pervaso da un amore profondo per questi fiori di campo incontrati nei dolci declivi alpini.
La tenerezza e la passione messa nelle descrizioni, nelle considerazioni, nelle immagini, trasuda un'indiscutibile poesia.
Sono descritte giornate intere passate ad osservare e fotografare un singolo fiore, dallo sbocciare al lento seccarsi (eros e thanatos),
passando dalla sottile seduzione degli insetti che poi dovranno impollinare.
Tutto questo tempo trascorso e quest'amore puro e rispettoso si percepiscono in tutte le pagine dell'opera.
In conclusione è curioso e ingiusto perciò che questo libro non compaia nella bibliografia di Wikipedia.
Poco importa: che qualcuno legga il libro o meno e che qualcuno veda i gigli o meno, questi ci sono perché, per dirla con la famosa filastrocca di
George Berkeley:
Si stupiva un dì un allocco:
“Certo Dio trova assai sciocco
che quel pino ancora esista
se non c’è nessuno in vista”
Risposta
“Molto sciocco, mio signore,
è soltanto il tuo stupore:
Tu non hai pensato che
Se quel pino ancora c’è
è perché lo guardo Io.
Ti saluto e sono Dio
Autore: Vittorino Andreoli
Titolo: Come un giglio
Editore: Electa
Tipologia: Cartonato
ISBN: 88-435-2669-3
Anno pubblicazione: 1988
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