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La zecca annulla tutti i tesori e gli idoli locali.
La moneta svaluta quello che non può misurare.
(Pag. 23)

Ultimo aggiornamento: 24 Giugno 2023 (Messidor - Romarin)

La profezia di Ivan Illich

Carneade ... chi era costui? - Il libro - Prima parte: la società - Seconda parte: le professioni - Terza parte: la proposta - Ma dove andremmo a finire?

Carneade ... chi era costui?

Wikipedia alla voce Ivan Illich ci dice che questo "scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco" è "riconosciuto come uno dei maggiori sociologi dei nostri tempi". Evidentemente il destino dei sociologi è quello di restare nell'ombra perché nella mia pur limitata esperienza non vedo mai comparire il suo nome, e in particolar modo là dove e quando dovrebbe a mio avviso essere chiamato in causa.
Ovviamente di materiale su Illich ce n'è in abbondanza, anche su Youtube per i diversamente lettori. Però essere una pietra miliare del pensiero ed essere conosciuti dai più non è la stessa cosa.
Ecco quindi il primo motivo per cui mi sembrava doveroso parlare di quest'agile libretto e del pensiero di questo prete (quasi spretato) cattolico; per la sua biografia invece rimando a Wikipedia al link di cui sopra perché è di per sè interessante: mi piace sempre tenere distinto l'autore dall'opera, però se anche la storia personale dell'autore è affascinante e istruttiva val la pena di approfondirla.

Il libro

Come titolo di questa pagina ho preferito una frase scenografica esagerata, perché riportare il mero titolo dell'opera diceva poco e avrei dovuto aggiungere anche il lungo sottotitolo: "Un nuovo equilibrio tra le attività svincolate dalle leggi di mercato e il diritto all'impiego". Questo rappresenta un'estrema, ma corretta, sintesi del libro, che però in un mondo dove vige un pensiero sempre più standardizzato potrebbe essere interpretato male. Si potrebbe pensare ad esempio ad un libro socialista o tendenzialmente comunista, cosa che non è. Quando Illich parla di socialismo lo definisce alla stregua del capitalismo: facce opposte ma della stessa medaglia.
Sicuramente come prete, ma ancor prima come cristiano, è sempre stato dalla parte degli ultimi, anche per le sue attività con il CIDOC, però tecnicamente il contenuto di questo libro non può essere definito socialista o comunista, al limite potremmo dirlo genericamente di sinistra, nel senso che non è certamente né fascista né liberale.
Piuttosto, pur essendo Illich cattolico, nelle idee espresse in questo volume trovo molta assonanza in quella che è la cultura, e il relativo stile di vita, degli amish; ma questa è solo una mia impressione, perché in realtà (a memoria) non sono citati esplicitamente nel libro.

Entrando poi nel dettaglio, come spiegato nell'introduzione il testo si articola in tre parti.

Prima parte: la società

In questa prima parte l'autore si propone di

descrivere il carattere che assume una società ad alta intensità di merci e mercato, nella quale l'abbondanza stessa delle merci paralizza la creazione autonoma di valori d'uso.

Qui Illich arriva come Miley Cyrus in Wrecking Ball, entrambi non solo demoliscono tutto ma ti spiazzano: Myley Cyrus che nuda usa la palla da demolizione come un'altalena, e Illich che definisce una "nuova povertà" che colpisce tanto i poveri quanto i ricchi.
Come i ricchi? Cos'è, un ossimoro?
La specializzazione dei lavori, la standardizzazione dei prodotti che per definizione devono essere prodotti industrialmente, ha portato via a tutti la capacità e la volontà di produrre da sé i propri beni e stabilire i propri bisogni decretando così la scomparsa di beni, materiali o immateriali, non conformi alla produzione industriale. Nonchè la scomparsa della capacità di sopperire da sé alle proprie necessità.
Inoltre si è creata poi una povertà indotta come percezione:

In 10 anni il numero di utenti di interruttori si è triplicato; sciacquone e carta igienica sono diventati condizioni essenziali per poter andare di corpo. Per un numero sempre maggiore di persone l'illuminazione non fornita da reti ad alto voltaggio e l'igiene senza carta velina significano povertà.

In questa parte, ma non solo, ci sono obiezioni già sentite e facilmente condivisibili alla società così com'era già all'epoca, come ad esempio l'impatto dei media per ottenere quella standardizzazione richiesta all'umanità, ma poi ci sono considerazioni inusuali e spiazzanti che colpiscono come una donna nuda su una palla da demolizione, come per esempio quando parla di un'auspicabile descolarizzazione. Tutte le correnti di pensiero che si rivolgono agli ultimi, al terzo mondo, ai poveri, in generale auspicano una maggiore scolarizzazione, Illich invece nella scuola vede solo un momento di plagio, di inizio sudditanza verso la società delle merci.
In certi casi fa anche sorridere come quando dice che "ricchi e poveri non sono molto lontani dal rendersi conto lucidamente che ogni ulteriore sviluppo d'una cultura ad alta intensità di merci porta con sé una nuova forma di ricchezza frustrante". Come profezia non sembra comprensibilmente avverarsi, ed è buffo immaginare questa ribellione trasversale con squali della finanza e precari che a braccetto, come ne "Il quarto stato" di Pelizza da Volpedo, reclamano una ricchezza più semplice, fatta di valori umani. Un po' come cantava Giorgio Gaber immaginando il ricco e il povero accomunati dal vino e dal perduto amore seduti assieme al tavolo a brindare: "Venga, che uniamo i tavoli signor [...] Giusto però vorrei vederla ancora / Io sono direttore all'Onestà / Molto piacere vede io per ora / Sono disoccupato, ma chissà / Barbera e champagne stasera beviam".

Seconda parte: le professioni

Se i complottisti ipotizzano un governo occulto di un élite di potere (perlopiù economico) che manovra nell'ombra, Illich invece denuncia una dittatura delle professioni, quindi non necessariamente di ricchi o di politici a (l)oro asserviti, e in questa sezione si propone di

evidenziare il ruolo occulto che le professioni svolgono in tale società con il modellarne i bisogni

L'uso dell'aggettivo "occulto" non allude ad un complotto orchestrato da società segrete di rappresentanti di categoria: non c'è nulla di segreto, ad esempio, nella presenza delle lobby che interloquiscono con rappresentanti ministeriali o parlamentari. L'aggettivo deriva invece dal come viene irretita la società nel generare un bisogno e nel farle credere di essere gli unici autorizzati e competenti per soddisfarlo.
E qui arriviamo al mio titolo roboante (forse un po' troppo).
Sono passati più di due anni dall'inizio della pandemia del Covid, ma soprattutto mi sembra che siano (quasi) sparite ormai le polemiche al limite della scissione sociale che l'hanno accompagnata. Ma forse sono solo braci che covano sotto la cenere.
Confesso che non le ho seguite scrupolosamente, perché già a cercare di starne lontano mi sanguinavano le orecchie dai toni e dall'insistenza con cui sono state portate avanti. Detto questo, in tutto quello che mi è inevitabilmente arrivato non ho mai sentito fare il nome di Ivan Illich, eppure ...

Tutte queste associazioni di mestieri sono mezzi con cui degli specialisti cercano di determinare in che modo il loro genere di lavoro deve essere fatto e da chi. Ma nessuno di tali specialisti è "professionista" nel senso in cui lo sono oggi, poniamo, i medici. Le attuali professioni dominanti, di cui quella medica è l'esempio più cospicuo e doloroso, vanno molto più in là: esse decidono cosa si deve fare, a chi, e in che modo la faccenda deve essere gestita. Si arrogano un sapere speciale, incomunicabile, per quel che concerne non solo lo stato delle cose e quello che occorre fare, ma anche le ragioni che rendono indispensabili le loro prestazioni.

Terza parte: la proposta

In buona sostanza, la "dittatura dei professionisti" genera dei bisogni indotti. Di più: Illich si sofferma anche sul linguaggio e ci fa presente che parole come "problema" o "bisogno" non erano così frequenti in tempi precedenti a questa industrializzazione di massa. I "problemi" sono spesso rilevati dai professionisti grazie alla loro capacità e all'evolversi della tecnica, e si generano così dei "bisogni" su cui i professionisti pretendono, e spesso ottengono, di avere il monopolio.
Uno degli esempi che fornisce è particolarmente provocatorio e spiazzante: le centrali nucleari vengono sistematicamente messe in discussione per la loro sicurezza, al limite per motivi ecologici, ma nessuno le mette mai in discussione per la quantità di energia che forniscono in più. Quindi: voi avete un problema che è la mancanza di energia e la soluzione migliore per soddisfare questo bisogno è una centrale nucleare.
In realtà come suggerisce il nostro Ivan, dovremmo ridurre il nostro fabbisogno di energia. Credo che lui e Greta Thunberg sarebbero andati d'accordo, anche se la motivazione di base principale per Illich non è quella ecologica (che pure ribadisce insistentemente in tutto il libro), ma sociologica, umana: l'uomo dovrebbe riappropriarsi di molte attività che ha delegato alla produzione industriale, alle macchine, ai professionisti.
Serve, e qui arriviamo al titolo, una disoccupazione creativa, in cui ci si occupi anche e soprattutto dei propri bisogni, non i bisogni indotti da altri, e sono bisogni individuali che si possono colmare individualmente. Illich conia il termine "valori d'uso". Sostanzialmente stiamo parlando delle basi da cui sono partiti Serge Latouche e altri economisti per la definizione della famosa "Decrescita felice".

Ma dove andremmo a finire?

In questo momento abbiamo almeno tre spade di Damocle sopra la testa: la prima è quella di una guerra nucleare mondiale, la seconda è quella del disastro ecologico che potremmo rallentare ma che ormai è iniziato e la terza è quella dai pericoli dell'intelligenza artificiale se non dovesse essere regolamentata. In tutti e tre i casi sono minacce globali derivate dall'uso della tecnica, che gli scienziati che ce l'hanno fornita come "essere-alla-mano" (Zuhandenheit), per primi ci avvertono che ci distruggerà. Einstein dopo aver firmato la famosa lettera al presidente Truman disse la famosa frase "Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma posso dirvi cosa useranno nella quarta: pietre!", mentre l'intera comunità scientifica da decenni ormai ci sta avvisando del disastro climatico che ci aspetta e che è stato creato sempre dalla tecnica, quindi da scienza e tecnologia. E' invece di quest'ultimo periodo la notizia che i principali creatori dell'intelligenza artificiale (amministratori delegati di OpenAi, DeepMind, Anthropic e studiosi ed esperti come Geoffrey Hinton) hanno firmato una petizione per dire ai leader mondiali che l'IA deve essere regolamentata per "mitigare il rischio di estinzione rappresentato dall'Ia dovrebbe essere una priorità globale al pari di altri rischi di portata sociale come le pandemie e la guerra nucleare".
Fra l'altro mi chiedo cosa avrebbe detto Illich dell'IA (un super-professionista peggiore dei professionisti?) e dei social e in generale della comunicazione come si è evoluta (disumanizzazione totale dei rapporti umani?). Mah!
Di sicuro non sarebbe stato contento.

E questo buio, che sollievo
Ci dona un altro Medioevo
Io levo dall'oscurità tutta la nostra civiltà
Velocità di macchine a motore
Follia di folla e di rumore
E metto ritmi più lontani
Di bestie, legni, suoni umani
Odore d'olio e di candele
Fruscio di canapi e di vele
Il miele, il latte, i pani e il vino vero

(Francesco Guccini, "Black-out")

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Autore: Ivan Illich
Titolo: Disoccupazione creativa
Tipologia: Brossura
Dimensioni: 19 x 12,5 cm
Pagine: 96
Editore: Red Edizioni
Anno di pubblicazione: 2005 (prima edizione 1978)
ISBN: 9978-8857304991
Prezzo: Euro 8,50

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