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Ultimo aggiornamento: 28 Maggio 2019Due anniversari: Giacomo Leopardi Vs. Aroldo MarsuraGiacomo Leopardi: cosa c'è di buono
Togliamoci subito il pensiero: la poesia di Leopardi ha grande forma, grande musicalità, grandi rime, immagini efficacissime e (talvolta) originali.
Giacomo Leopardi è stato assolutamente un buon parolaio.
Difficile competere con immagini come quella del "passero solitario", con quelle sue cadenze molto musicali come "in sul calar del sole / onde siccome suole" che ti restano impresse a fuoco fin dalle elementari, con quelle sue rime coraggiose e azzeccate: "sorride/stride", "famiglia/ripiglia".
Diciamolo una volta per tutte: è un virtuoso delle parole, delle strofe, della metrica e delle immagini.
E con questo il lato positivo l'abbiamo liquidato. Giacomo Leopardi: il contenuto Ma se la confezione è bellissima, il contenuto com'è? Dove ci conducono "gli studi leggiadri" del recanatese? Wikipedia lo definisce "Sensista e materialista", e per la precisione osserva come "Il suo materialismo ateo si pone in contrapposizione al Romanticismo cattolico predominante".
Ma vediamo di usare anche noi un'immagine efficace, una metafora ardita per definire questa sua "profondità" di contenuti.
Ognuno ovviamente la pensa come vuole, però la visione che ci si può aspettare da un arido scienziato non è quella che ci si aspetterebbe da un umanista, da un intellettuale.
L'eccezione apparente che conferma la regola è proprio "L'infinito", di Leopardi (secondo alcuni "Leopardare: v.t., amareggiarsi ed amareggiare il prossimo con una visione pessimistica della vita generata da una crisi adolescenziale non risolta").
E' facile osservare come tutta la poesiola, della quale questo mese ricorre il celebratissimo anniversario, 200 anni oggi, ruoti significativamente attorno a quelle due paroline centrali: "mi fingo".
Il poeta non può permettersi di proporre la sua versione vulcaniana (nel senso della ginestra o nel senso dell'anaffettivo dottor Spock, a scelta) atteggiandosi ad intellettuale, senza lasciar almeno intendere che sull'infinito c'ha ragionato e poetato, per poi giungere alla tragica conclusione che l'infinito, l'Essere, non esiste o che comunque l'uomo non ne è coinvolto.
Quindi rassegniamoci a vivere con sofferenza per poi morire prematuramente. Ma noi, irrispettosi, invece di leopardare passivamente con lo sfigatone di Recanati, reagiamo come il Cirano gucciniano con penna e spada:
E voi materialisti col vostro chiodo fisso E perciò lasciamo ora le stalle (marchigiane) per arrivare alle stelle (venete). Aroldo Marsura: Canto d'autunno
Ah! Da dove cominciare? Non solo ogni verso, ma ogni particolare di questo libro offre gioiosi spunti di approfondimento.
Partiamo quindi dalla copertina. Il titolo non tragga in inganno: si tratta evidentemente della classica metafora delle stagioni dell'anno associate alle stagioni della vita, ma non ci si aspetti dall'Aroldo un autunno triste e rassegnato!
La foto di copertina è esplicita: c'è sì la cornice dorata della natura sullo sfondo, ma al centro c'è la lucente figura di una donna, non certo al tramonto, ma anzi nella piena estate della vita.
Ultima di copertina: ci sono due foto. Una dell'autore (Aroldo Marsura) e l'altra della modella (Sonya Anselmi).
L'autore è con gli occhiali da sole e, si sa, ci possono essere svariati motivi per indossare gli occhiali da sole: "per avere più carisma e sintomatico mistero" come canta Battiato, oppure per mascherare la propria celebrità come per i divi hollywoodiani, o ancora per sfuggire alla Digos come per Matteo Messina Denaro.
Ma il nostro è evidente che li indossa per modestia, per la stessa modestia che gli fa condividere lo spazio autocelebrativo della copertina con la modella delle foto che arricchiscono la pubblicazione.
Sonya ... il nome può essere autentico, certo, ma a noi piace pensare che già come per altre muse ispiratrici di grandi vati, Beatrice, Laura, Sofia, il nome sia etimologicamente rivelatore: Sonya, il sogno.
L'onirico terreno di confine tra questa realtà e l'altra, un medium che comunica per immagini confuse ma illuminanti.
Così come, con l'occhio pallato, confusa dall'emozione ma illuminante per la bellezza appare la modella nella foto. Sonya Anselmi, il contenuto Con le mani tremanti apriamo il prezioso volume ed ecco che arriviamo subito al punto centrale, all'asse attorno a cui ruota la creazione marsuriana: la dedica. Se la copertina ci anticipava l'importanza di questa radiosa figura femminile, seppur formalmente definita "modella", la dedica ce la certifica definitivamente come musa ispiratrice. Per evidenziare che la dedica non è solo atto formale e dovuto, ma sentito dal profondo dell'animo, c'è l'obliquo scalare delle parole che è forma poetica di per se' e richiama vibratamente la nostra attenzione. Ma per comprendere bene il senso ultimo, ontologico, del libro, dobbiamo rievocare il celebre scambio di battute de "L'attimo fuggente" quando il professor Keating svela ai suoi studenti lo scopo del linguaggio stesso:
"Keating: Ecco, il linguaggio si è sviluppato con uno scopo, è cioè di? Forza Anderson! Allora, è un uomo o un'ameba? [Todd non risponde] Vediamo, Perry?
Sonya è presentata come modella, musa, donna, ma da nessuna parte viene definita moglie, fidanzata, amante o amica.
Il rapporto tra i due è lecito pensarlo un passo prima della friend zone o un attimo prima di finire in gloria, come per i salmi.
Nell'ultimo verso de "La Locomotiva" Guccini canta "La storia ci dice come finì la corsa", a noi invece non è dato di sapere se questa nostra locomotiva poetica riesce infine ad entrare stantuffando nell'oscuro antro, nell'umida galleria, o se viene deviata in una linea morta.
In entrambi i casi, per motivi diametralmente opposti, il "lo raccolsero che ancora respirava" ci starebbe benissimo.
Il libro sembra autoprodotto, non saprei dirlo con esattezza, ma certo se fosse così l'investimento economico da parte dell'autore lo porrebbe nell'olimpo degli ultimi romantici: se la dozzina di rose stupisce, l'anello d'oro colpisce, direi che un intero libro di poesie strabilia.
Nei versi colpisce la delicatezza delle profferte amorose. Ne "L'ape" la descrizione dell'invito a posarsi sui "primi fiori" ha un sapore d'educazione sessuale d'altri tempi, mentre il passero che "s'adagia cauto" sul davanzale attratto dalle briciole sembra alludere metaforicamente alla dolce trappola del libro, laddove il passero potrebbe essere identificato poeticamente con una prunella modularis. Ancora: "Ognuno è come un ragno / in agguato / per carpire l'astuzia dell'altro" (da "Illusione"). Ah, l'amour! "Épouvantable jeu, où il faut que l’un des joueurs perde le gouvernement de soi-même!" ("Gioco terribile, in cui uno dei giocatori deve perdere il governo di se stesso!", Baudelaire) Relativamente alle foto la dichiarazione iniziale è esplicita: "Posa ed espressione ideate da Aroldo Marsura", a riprova ne "Il bacio" troviamo questa vocazione da novello Pigmalione: "e ti contemplo mia opera / nell'estasi della realtà" Che aggiungere a tanta delicata, ma astuta, poesia? Nel trentennale esatto dalla pubblicazione (Maggio 1989), questo poeta riesce ancora a rapirci e ad ispirarci nuove (ma antiche) tecniche di seduzione.
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