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Libri "Al di là del muro"
C'era una volta il "muro": di là i cattivi, il Blocco Sovietico, di qua i buoni.
Di là mangiavano i bambini e la popolazione era segregata, povera e disperata, di qua eravamo liberi, ricchi e fortunati.
O almeno così ci dicevano.
La realtà ovviamente sta sempre nel mezzo: se di là c'era una certa propaganda, di qua non eravamo da meno e da questo derivavano le provocazioni di cui sopra.
Però indiscutibilmente il regime sovietico non era un campione di libertà e la produzione editoriale ne risentiva parecchio.
Da qui l'idea di questa piccola, modesta collezione di libri, senza nessun intento politico, ma solo estetico e culturale.
Comprare libri dà dipendenza, e se sei in un paese dove non conosci una parola della lingua o, peggio, non distingui una lettera dell'alfabeto, gli unici libri che puoi comprare sono libri fotografici.
I libri fotografici sulla natura e sui monumenti sono sempre quelli, tanto vale comprarli in italiano o in inglese.
Invece quelli che ho acquistato nei vari paesi dell’ex Blocco Sovietico sono diversi, sono gli altri libri.
Ecco: questa è un piccola, modesta collezione di libri "altri" ...
Voglio rifugiarmi sotto il piano di Varsavia
Voglio un piano quinquennale
La stabilità sociale
(CCCP, "Live In Pankow" da "Compagni, cittadini, fratelli, partigiani/Ortodossia II")
Una breve descrizione
Si tratta di un simpatico volumetto in francese dell'agenzia Novosti,
probabilmente proposto come propaganda ad uso dei francofoni.
L'autore, Nikolaï Messak, è un siberiano puro, giustamente orgoglioso delle proprie origini.
Più di metà libro è occupato dalle foto in bianco e nero, peraltro piuttosto pregevoli, mentre l'altra metà dal testo che è di fatto un'entusiatica descrizione della
magnificenza di questa ampia regione, insistendo in particolare sulle potenzialità e sulla crescita che stava avendo all'epoca.
Purtroppo non ci è dato di sapere l'anno di pubblicazione, che possiamo però dedurre da un passaggio del testo: "Il XXIII° Congresso del P.C.U.S. ha aperto degli orizzonti
veramente immensi per la Siberia. Leggiamo in particolare nelle direttive del congresso per il piano quinquennale dello sviluppo dell'economia nazionale dell'U.R.S.S.
(1966-1970) [...]" e seguono i traguardi da raggiungere entro il 1970. In realtà stando a quanto riportato da Wikipedia l'
Ottavo Piano, 1966-1970 prevedeva sinteticamente
"il raddoppio della quantità di cereali esportati", sarà invece nel Decimo Piano, esattamente dieci anni dopo, che si prevederanno grandi sviluppi (e grandi
sfruttamenti) per la Siberia. E' comunque ragionevole pensare che già nel
XXIII Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica
del 1966 si fossero gettate le basi per questo sviluppo.
Tornando alla nostra datazione direi quindi che possiamo datare il libro tra il 1966 e il 1970, visto che il congresso era già avvenuto e i risultati sembravano far parte
ancora delle aspettative.
Le immagini
Partiamo alla grande con la centrale idroelettrica (1): quale migliore esempio di progresso,
l'uomo che imbriglia la natura per portare l'energia al proprio servizio. "Il socialismo è il potere sovietico più l'elettrificazione di tutto il paese", Lenin dixit.
Ma per capire la forza della rivoluzione bisogna confrontarsi col passato, ed ecco quindi alcune immagini delle città prima della Rivoluzione d'Ottobre
(2). E come il soviet trasforma le città, trasforma anche queste immense foreste che altro non
sono che metri e metri cubi di legname (3).
Il comunismo è elettrico, il comunismo trasforma, il comunismo è esplosivo!
Anche quando si tratta di estrarre diamanti (4) tipica aspirazione dei molli borghesi occidentali.
Le donne della Siberia invece non hanno bisogno di diamanti, la loro più grande conquista sono le quote rosa per poter accedere ai lavori più impegnativi ma gratificanti
(5), solitamente ad appannaggio dei maschi.
Quella che da noi è un'invocazione educativa, "bisognerebbe mandarlo in miniera così capirebbe", qui è un onore.
Come l'industria anche la miniera è uno dei più importanti simboli della superiorità socialista (6), insieme all'estrazione del
petrolio (7).
Come già visto per la regione di Zemplin i reparti di filatura
(8) hanno una notevole attrattiva per i fotografi, forse per le divise quasi infermieristiche delle operaie.
E comunque se quella metalmeccanica è la regina delle industrie, quella tessile è pur sempre stata la prima, è stata quella che nell'ottocento ha dato l'avvio al
processo industriale.
Processo che non dimentichiamolo ha portato a tutte quelle comodità che oggi ci offre il mondo moderno: ed ecco qui la Siberia post Rivoluzione d'Ottobre
(9) con i fortunati figli del Soviet che possono scegliersi i televisori, andare al bar, al mercato e ai musei.
Ed è tutto merito di quella metà del simbolo, il martello, che rappresenta la mai celebrata abbastanza industria:
(10) e (11).
Ma il vero motore che trasformerà del tutto la Siberia è la gioventù Siberiana che avida di sapere vediamo qui seguire una lezione
(12). Il popolo siberiano è il fulcro di tutto, ed ecco quindi quella che Lenin definiva la
"primavera della creatività popolare" (13).
Per finire, per non lasciare l'impressione che si è dimenticata la natura, un po' orfanelle qua e là ci sono delle immagini di quello che in realtà deve essere uno scenario
unico al mondo (14).
Un'umile considerazione
In questo libro c'è un aspetto trasversale alla politica che salta all'occhio fin dalla copertina.
Vediamo da subito infatti la contrapposizione di due immagini: da una parte due orsi arrampicati su un albero, dall'altra due operai arrampicati su un traliccio
che stanno lavorando.
Da una parte la natura, comunque pericolosa (l'orso non è propriamente un animale pacifico) e dall'altra l'uomo che costruisce e domina per adattare il mondo
alle proprie esigenze.
Questo ad essere politicamente corretti: in realtà guardando le immagini e leggendo il testo, il cui tenore si può facilmente intuire, si percepisce una sorta
di odio atavico verso la natura.
Ed è un aspetto trasversale a tutti paesi e a tutte le politiche dell'epoca e odierne: questo libro poteva essere tranquillamente ambientato in Alaska.
Le foreste viste come metri cubi di legname, i fiumi visti come fornitori di elettricità, il sottosuolo visto come contenitore di diamanti e di petrolio.
Ma soprattutto la cementificazione è vista come una conquista, la natura è bella sì, ma addomesticata, gli orsi stanno bene allo zoo, i prati sono belli
se tagliati all'inglese e i boschi se sono radi e puliti.
E cosa c'è di meglio di palazzi, strade, case, piazze?
In realtà la scienza ci dice che siamo giunti al punto di rottura, il disatro climatico è il principale problema che minaccia l'umanità, ma non è il solo.
Ma se ci guardiamo intorno e prestiamo orecchio alle opinioni, alle affermazioni delle persone possiamo riscontrare quest'odio atavico: la natura
è vista ancora dall'uomo moderno come quel nemico spietato che minaccia la sua esistenza, come poteva esserlo per l'uomo primitivo.
Ma "madre natura" non è solo un'espressione poetica, è un'ineluttabile realtà. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti, e lo stiamo segando dalla parte del tronco.
Autore: Nikolaï Messak
Titolo: La Sibérie: pays d'un grand avenir
Tipologia: Brossura
Dimensioni: 13,5x21
Pagine: 168
Editore: Novosti (Edition de l'Agence de Presse Novosti)
Lingua: Francese
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