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E allora sì, propaganda, propaganda,
non c'è più niente che mi manca
e allora sì, propaganda, propaganda,
la risposta ad ogni tua domanda.
(Fabri Fibra, "Porpaganda")
Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre 2022 (Nivôse - Granit)
Libri "Al di là del muro"
C'era una volta il "muro": di là i cattivi, il Blocco Sovietico, di qua i buoni.
Di là mangiavano i bambini e la popolazione era segregata, povera e disperata, di qua eravamo liberi, ricchi e fortunati.
O almeno così ci dicevano.
La realtà ovviamente sta sempre nel mezzo: se di là c'era una certa propaganda, di qua non eravamo da meno e da questo derivavano le provocazioni di cui sopra.
Però indiscutibilmente il regime sovietico non era un campione di libertà e la produzione editoriale ne risentiva parecchio.
Da qui l'idea di questa piccola, modesta collezione di libri, senza nessun intento politico, ma solo estetico e culturale.
Comprare libri dà dipendenza, e se sei in un paese dove non conosci una parola della lingua o, peggio, non distingui una lettera dell'alfabeto, gli unici libri che puoi comprare sono libri fotografici.
I libri fotografici sulla natura e sui monumenti sono sempre quelli, tanto vale comprarli in italiano o in inglese.
Invece quelli che ho acquistato nei vari paesi dell’ex Blocco Sovietico sono diversi, sono gli altri libri.
Ecco: questa è una piccola, modesta collezione di libri "altri" ...
Il contesto - Tutti felici in questo paradiso - Catechismo - Un documento interessante
Il contesto
Il libro è italiano, scritto in italiano da un italiano, eppure lo considero a tutti gli effetti un libro "Al di là del muro" perché è più di propaganda di tutti
i libri fotografici presentati fin qua sotto questa piccola raccolta.
Purtroppo non ci sono fotografie, ma in compenso ci sono entusiasmanti descrizioni che valgono molte immagini ciascuna.
L'autore è Paolo Robotti,
E anche se non è esattamente famoso ai più (o perlomeno io non lo conoscevo prima di acquisire il libro) all'interno del vecchio PCI era qualcuno,
ma soprattutto era uno che poteva scrivere con cognizione di causa sull'argomento avendo vissuto per 17 anni, dal 1930 al 1947, in Unione Sovietica.
Il testo è strutturato come FAQ, Frequently Asked Questions,
in linguaggio corrente, ovvero come recita il sottotitolo: "A cento domande di milioni di italiani risponde un italiano che ha lavorato 15 anni nell'Unione Sovietica".
L'anno di pubblicazione (1950) è di poco antecedente al primo film di
"Don Camillo" (1952),
e contestualizzando questo libro col film (e i sequel) si trova tutto armonizzato perfettamente: lo spirito era quello.
Tutt'al più si potrebbe rilevare che il nostro Robotti è decisamente più preparato, più colto, con più esperienza del buon Giuseppe Bottazzi, alias Peppone sindaco di Brescello nel film,
interpretato magistralmente da Gino Cervi.
Ma se Peppone rappresentava la figura del comunista perennemente arrabbiato, Robotti in questo libro usa tutt'altro tono, tutt'altro modo di porsi.
Lo stile di tutte le risposte è rappresentativo di chi con una certa pazienza e assolutamente senza polemica cerca di descrivere una situazione celestiale,
una società ideale dove tutti fanno la loro parte e tutti ne traggono beneficio.
E' un mondo idilliaco purtroppo travisato a causa della propaganda occidentale, ma niente paura:
il nostro eroe smonterà punto per punto le menzogne capitalistiche e ristabilirà finalmente la verità.
Tutti felici in questo paradiso
Cominciamo (bene) con la prima domanda: "Qual è la misura del sussidio di disoccupazione nell'Unione Sovietica?".
Beata ingenuità occidentale!
Non esiste nessun sussidio, così come non esistono gli uffici di collocamento, perché non esiste la disoccupazione!
Questa prima risposta prosegue poi con un gustoso aneddoto:
A questo proposito mi è capitato un caso curioso.
Nel 1946, in un gruppo di operati di un'officina dei dintorni di Mosca ai quali avevo parlato della disoccupazione che ricominciava nei paesi occidentali,
si levò un giovane per raccomandarmi di ... "non fare della propaganda perché loro, il capitalismo, lo odiavano già ugualmente"!
Non si persuasero facilmente che si potesse essere disoccupati "con tanto lavoro che c'è da fare nel mondo",
soprattutto dopo la guerra.
Questa è stata la rivelazione che mi ha permesso di smascherare la prima grande menzogna: ero convinto che il muro di Berlino e più in generale la
cortina di ferro
servissero a tenere dentro una popolazione infelice e desiderosa di benessere e libertà e invece no,
serviva a tenere fuori le vittime del capitalismo che altrimenti avrebbero affollato questo paradiso terrestre di giustizia, fratellanza e redistribuzione delle risorse.
Il testo prosegue poi sul tema lavoro che tiene banco per gran parte del libro: ozio, tempo libero e amenità varie sono dettagli che si danno per scontati,
solo i decadenti paesi occidentali li possono reputare di primaria importanza.
E dentro il tema del lavoro in primo piano c'è l'industria, dove è facilissimo trovare lavoro, anche se c'è il possibile intoppo del primo passaggio da fare che è la visita medica,
che serve per accertarsi che il fisico sia in grado di affrontare il lavoro che si è scelto.
La salute prima di tutto, quindi si potrebbe essere destinati ad un lavoro più leggero o leggermente diverso.
Le fabbriche sono autogestite non ci sono funzionari, c'è un collettivo di lavoratori.
I sindacati sono molto grandi, divisi per settore produttivo e negli anni si sono ridotti come numero perché si sono accorpati.
Ma naturalmente sono tremendamente efficaci nel rappresentare i lavoratori
e ovviamente non esistono gli scioperi, perché ci sono altri modi più efficaci di risolvere le vertenze.
Curioso a questo proposito che proprio nell'ambito di questa sbalorditiva efficienza, la dissoluzione del blocco dell'est sia partita proprio da un sindacato
(Solidarnosc),
da degli scioperi, da degli operai.
Catechismo
Accompagnando in visita ad un'officina una delegazione di ex combattenti francesi, l'autore si è trovato a fare da interprete per delle domande poste agli operai. In particolare ci viene riferita l'interrogazione posta da un medio industriale parigino:
- Perché avete un solo partito in Russia?
- Perché di quello che abbiamo siamo soddisfatti - rispose l'operaio.
L'industriale non si dette per vinto e ribatté: -
Allora vuol dire che vi è la dittatura di un partito.
E l'operaio pronto: - Da voi in Francia, chi ha il potere, la borghesia o gli operai?
- La borghesia, ma gli operai possono esprimere sempre le loro opinioni.
- Bella consolazione! Noi non ci accontentiamo più di esprimere le nostre opinioni:
vogliamo che le nostre opinioni siano attuate.
Delle opinioni della borghesia non sappiamo cosa farcene.
[...]
Presentati a un ingegnere di un altro reparto i delegati ritornarono alla carica per bocca di una signora.
- Perché vi accontentate di un solo partito?
- E quanti dovremmo averne?
E così via.
Il commento dei francesi fu: "Mon Dieu, même ceux qui ne sont pas communistes, sont des fanatiques", ovvero "Mio Dio, anche quelli che non sono comunisti, sono dei fanatici".
A parte il commento tranchant, quello che colpisce è la somiglianza col catechismo di san Pio X (decimo, non "ics" come diceva Mike Bongiorno):
- Chi ci ha creato?
- Ci ha creato Dio.
- Chi è Dio?
- Dio è l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra.
- Che significa perfettissimo?
- Perfettissimo significa che in Dio è ogni perfezione senza difetto e senza limiti, ossia che Egli è potenza, sapienza e bontà infinita.
- Che significa Creatore?
- Creatore significa che Dio ha fatto dal nulla tutte le cose.
Eccetera, eccetera.
In sé non c'è niente di male, ma anche sforzandoci di considerare genuine le risposte, due pesanti osservazioni sorgono spontanee.
La prima è che nel caso del catechismo propriamente detto stiamo parlando di fede, ovvero di credere fermamente in qualcosa di cui non si ha o non si riesce a dare prova.
Nel caso dell'attuazione del comunismo nella declinazione sovietica invece non si doveva parlare di fede, ma della realtà quotidiana,
e le risposte avrebbero dovuto essere un po' più spontanee, e magari misurate, seppur di parte.
Per esempio: "preferisco avere un lavoro sicuro piuttosto che avere la possibilità di scegliere un partito diverso mentre sono disoccupato", o cose del genere.
La seconda obiezione la prendo da Ratzinger, sempre a proposito del
catechismo:
"La fede come tale è sempre identica. Quindi anche il Catechismo di san Pio X conserva sempre il suo valore.
Può cambiare invece il modo di trasmettere i contenuti della fede. E quindi ci si può chiedere se il Catechismo di san Pio X possa in questo senso essere considerato ancora valido oggi."
Il catechismo di san Pio X era del 1889, le interviste di cui sopra del 1937.
Ecco che forse un operaio, e ancor di più un ingegnere, veramente preparato, educato, informato, non avrebbe risposto con degli standard,
ma avrebbe articolato in modo più credibile le risposte.
Poi naturalmente c'è l'ipotesi maliziosa che queste interviste potessero essere ascoltate e riferite, e quindi gli intervistati non fossero proprio sinceri.
E quindi cosa avrebbero potuto rispondere?
Parafrasando Califano: "tutto il resto è gulag".
Un documento interessante
Questo libro è un documento interessante almeno sotto tre diversi aspetti.
- Ci racconta di come era organizzata l'Unione Sovietica, cos'erano e come funzionavano i
colchoz,
i soviet,
i piani quinquennali,
in generale il mondo del lavoro e qualcosina del tempo libero.
- E' una testimonianza perfetta di come l'Unione Sovietica presentava sé stessa, anche attraverso i suoi sostenitori esteri come il nostro Paolo Robotti.
E questo aspetto è quanto mai attuale in quest'ultimo periodo di scandali in cui è emerso che ci sono politici italiani pagati per far da sponsor a regimi totalitari.
Però è pur vero che Robotti ha effettivamente lavorato in Russia per 15 anni ed era convintamente comunista,
in buona sostanza ha sostenuto le sue idee e onestamente non credo che abbia agito per denaro,
il che rappresenta una sostanziale differenza.
- Però l'aspetto più interessante che ci offre il libro è secondo me quello della propaganda.
Questa testimonianza possiamo leggerla serenamente oggi perché il comunismo, quantomeno nella sua declinazione sovietica, non c'è più.
L'impero sovietico è imploso, oggi la Russia non è più quella del 1950 anche se qualcuno si vuol sforzare di trovare delle similitudini.
Quindi possiamo leggere questo libro senza scontrarci con polemiche che ci distraggano dall'analisi ... come dire?
Strutturale? Fenomenologica? Insomma: un'analisi di come opera la propaganda.
Ovvero: enfatizzare al massimo i successi e i punti di forza, omettere i difetti più indifendibili, sfatare sdegnatamente eventuali falsi miti creati dalla propaganda opposta,
ribattere vibratamente ad ingiuste accuse magari mai esistite o fatte irrilevantemente.
Quindi riprendendo come esempi dal libro: nessuno è disoccupato in Unione Sovietica, non c'è prostituzione perché sarebbe sfruttamento dell'uomo sull'uomo,
non parlare di come vengono spiati i cittadini, incentivati i delatori, arrestati con disinvoltura i sospetti dissidenti o spie, sfatare i miti sugli stacanovisti,
ribattere ad accuse di arretratezza scientifica e tecnologica (casomai l'occidente era preoccupato proprio dall'avanzamento tecnologico soprattutto militare!).
Riguardo alle omissioni mi vorrei soffermare su un particolare interessante.
All'inizio accennavo al fatto che l'autore è stato per 17 anni, dal 1930 al 1947, in Unione Sovietica,
mentre il sottotitolo ci dice che in questo paradiso comunista ci ha lavorato per 15 anni.
No, non c'è nessuna incongruenza!
La differenza ce la racconta Wikipedia:
"L'8 marzo 1938 fu arrestato con l'accusa di attività provocatoria e di spionaggio e imprigionato nel carcere Taganka di Mosca, dove rimase fino al 4 settembre 1939;
fu poi assolto e tornò dunque in fabbrica".
Si potrebbe fare della facile ironia, ma personalmente sono ammirato dalla sua profonda coerenza.
Mi sembra di essere di fronte ad un Socrate che rifiuta la facile soluzione dell'evasione e sceglie di bere la cicuta,
perché altrimenti tutto quello che per anni ha insegnato sarebbe vanificato dalla sua codardia.
Decisamente diversa dalla coerenza di quell'Orazio del
"Dulce et decorum est pro patria mori"
(è dolce e dignitoso morire per la patria) che poi nella realtà a Filippi ha mollato lo scudo è se l'è filata a gambe levate.
Potrei sbagliarmi (dovrei rileggere il libro per intero), ma sono abbastanza sicuro che il buon Robotti si sia dimenticato di raccontarci quale increscioso equivoco gli ha fatto fare un anno e mezzo di galera a Mosca.
Però evidentemente era stato tutto perdonato, come nella vignetta di Charlie Hebdo, nella prospettiva del
"sol dell'avvenire
che irradia il futuro mondo socialista"!
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Autore: Paolo Robotti
Titolo: Nell'Unione Sovietica si vive così
Tipologia: brossura
Dimensioni: 18,3 X 12,3 cm
Pagine: 240
Editore: Edizioni di cultura sociale
Anno di pubblicazione: 1950
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