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Ultimo aggiornamento: 21 Novembre 2020 (Frimaire - Raiponce)

La chiesa di San Zeno e Il signore degli anelli


Ovviamente sto per parlare del libro capolavoro di Tolkien e non della sua trasposizione cinematografica (ma perché devono sempre rovinare tutto per principio?).

Non ho trovato traccia di un viaggio di Tolkien a Verona. A diciannove anni era stato in Svizzera, poi durante la prima guerra mondiale ha combattuto in Francia, ma sembrerebbe che non sia mai stato in Italia.
Sembrerebbe ...

Però la Chiesa di San Zeno sembra aver clamorosamente offerto spunto per la creazione de "Il signore degli Anelli" (come minimo, ma forse, chissà, anche de "Lo Hobbit").
Se ha ispirato il Bardo, sia per "Giulietta e Romeo" che per "I due gentiluomini di Verona", è ovvio che Verona può aver ispirato anche John Ronald Reuel Tolkien.
Ed ecco quindi la dimostrazione di come l'iconografia romanica veronese dovrebbe aver ispirato direttamente il più grande romanzo fantasy di tutti i tempi.

Gandalf salvato dall'aquila

"E le aquile delle montagne volarono in lungo ed in largo, e videro molte cose: il riunirsi dei lupi ed il radunarsi degli Orchetti; ed i Nove Cavalieri andare qua e là attraverso i paesi; ed ebbero sentore della fuga di Gollum. Incaricarono allora un messagero di portarmi queste notizie.
Fu così che sul declinare dell'estate, in una notte di luna, giunse inattesa ad Othanc la più veloce delle Grandi Aquile, Gwaihir Re dei Venti; mi trovò in piedi sul pinnacolo. Io gli parlai, ed egli mi portò via prima che Saruman se ne accorgesse. Ero già lungi da Isengard quando i lupi e gli Orchetti uscirono dal cancello per inseguirmi."

(da "La compagnia dell'anello", libro secondo, "Il consiglio di Elrond")

La porta di Moira

"Le porte dei nani non sono fatte per essere viste quando sono chiuse", disse Gimli. "Sono invisibili, ed i loro padroni stessi non possono trovarle o aprirle se il segreto che le governa è stato obliato".
"Ma questa porta non fu costruita per essere un segreto conosciuto esclusivamente dei nani", disse Gandalf, scuotendosi improvvisamente e voltandosi verso di loro. "A meno che le cose non siano del tutto cambiate, occhi che sanno cosa cercare dovrebbero poter scoprire i segni.
Egli avanzò verso la parete. Nello spazio tra le due ombre degli alberi, vi era un posto liscio ove egli fece scorrere le proprie mani avanti e indietro, mormorando sottovoce alcune parole. quindi indietreggiò d'un passo.
"Guardate", disse. "Vedete qualcosa adesso?".

(da "La compagnia dell'anello", libro secondo, "Un viaggio nell'oscurità")

L'apertura della porta

"Ci sono!", gridò. "Certo! Certo! Assurdamente semplice come tutti gli enigmi, una volta scopertane la soluzione."
Raccolse il bastone e si rizzò davanti alla rupe, dicendo con voce limpida: Mellon.
La stella brillò un attimo, e quindi scomparve nuovamente. Silenziosamente comparvero i contorni di una grande porta, di cui prima non era visibile alcuna fessura né alcuna commessura. Si divise lentamente nel mezzo e, sempre lentamente si aprì verso l'esterno, finchè i due battenti poggiarono contro la rupe.
[...] Nel cancello! Su per le scale! Presto", gridò Gandalf, e con un balzo tornò indietro. Destandoli dall'orrore che sembrava aver paralizzato tutti eccetto Sam nel punto ove si trovavano, li spinse avanti.

(da "La compagnia dell'anello", libro secondo, "Un viaggio nell'oscurità")

Il Balrog

Qualcosa giungeva alle loro spalle. Non si riusciva a distinguere cosa fosse: era come una grande ombra, nel mezzo della quale si trovava una forma scura di dimensioni umane, o anche più grossa; potere e terrore parevano sprigionarsi da essa e precederla.
Giunse all'orlo della voragine di fuoco, e la luce s'offuscò, come se una nube vi si fosse posata sopra. Poi d'impeto varcò il baratro. Con un ruggito le fiamme s'innalzarono in segno di saluto, intrecciandosi intorno a lui; un fumo nero turbinò nell'aria. La criniera svolazzante dell'oscura forma prese fuoco, avvampando.
[...] Gimli guardava fisso con occhi sbarrati. "Il flagello di Durin!", gridò lasciando cadere la sua ascia e coprendosi il viso.
"Un Balrog", mormorò Gandalf. "adesso capisco".

(da "La compagnia dell'anello", libro secondo, "Il ponte di Kazhad-dùm")

Il corno di Boromir

D'un tratto risuonò il richiamo roco e profondo di un corno; le sue note s'infransero sulle colline, echeggiando nelle caverne, dominando come un urlo il ruggito delle cascate.
"Il corno di Boromir" , gridò Aragorn. "Chiede aiuto!". E si precipitò giù per i gradini e lungo il sentiero. "Ahimè!. Oggi un destino crudele mi perseguita e rovina tutto ciò che faccio. Dov'è Sam?".
Mentre correva, le grida si fecero più forti, e poi nuovamente fioche. Il corno suonava disperatamente. Le urla degli orchetti giungevano stridule e feroci, poi improvvisamente i richiami del corno cessarono.

(da "Le due torri", libro terzo, "L'addio di Boromir")

Halbarad Dùnadan

Ma questo è il regno di Re Théoden. Nessuno ha il diritto di cavalcarvi se non con il suo permesso. Chi siete? E perché avete fretta?
"Halbarad Dùnadan, Ramingo del Nord, io sono", rispose l'uomo. "Cerchiamo un certo Aragorn figlio di Arathorn, ed abbiamo saputo che si trova a Rohan".
"E l'avete anche trovato!", esclamò Aragorn. Consegnate le sue redini a Merry, corse ad abbracciare il nuovo arrivato. "Halbarad!", disse. "Di tutte le gioie questa è la più inaspettata!".

(da "Il ritorno del re", libro quinto, "Il passaggio della Grigia Compagnia")

Gli Haradrim

Allora Théoden si accorse di lui, e non attese l'assalto, ma gridando qualcosa a Nevecrino si lanciò alla carica. Grande fu il fragore del loro urto. Ma la bianca furia degli uomini del Nord era più ardente, ed i loro cavalieri dalle lunghe e decise lance erano più abili. Meno numerosi, riuscirono ad aprirsi un varco tra i Sudroni come un incendio in una foresta. In mezzo alla calca lottava Théoden, figlio di Thengel, e la sua lancia si frantumò nell'abbattere il capitano nemico. Sguainata la spada si lanciò contro lo stendardo, colpendo al tempo stesso asta e cavaliere; il serpente nero fu abbattuto. I superstiti della cavalleria volsero allora le spalle e fuggirono lontano.

(da "Il ritorno del re", libro quinto, "La battaglia dei campi del Pelennor")

Le navi nere

E mentre rideva, nella disperazione mirò ancora le navi nere e alzò la spada in segno di sfida.
Ma ad un tratto fu colto da stupore e da una grande gioia. Lanciò in alto la spada nella luce del sole, e afferrandola al volo si mise a cantare. Tutti gli occhi seguirono il suo sguardo e, meraviglia! sulla prima nave si aprì un grande stendardo e il vento lo spiegò mentre essa si avvicinava al porto di Harlond. Tutti videro l'Albero Bianco, simbolo di Gondor, ma esso era circondato da Sette Stelle e sormontato da una corona, lo stemma di Elendil che nessuno ormai portava da innumerevoli anni.

(da "Il ritorno del re", libro quinto, "La battaglia dei campi del Pelennor")

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