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Ultimo aggiornamento: 29 Marzo 2025 (Germinal - Aulne)
L’architecture est un fait d’art, un phénomène d’émotion,
en dehors des questions de construction, au-delà.
La Construction, c’est pour faire tenir;
l’Architecture, c’est pour émouvoir.
L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno di emozione,
al di fuori delle questioni di costruzione, al di là.
La costruzione è fatta per resistere;
l'architettura è per commuovere.
(Le Corbusier, da "Vers une Architecture")
Un libro sorprendente - La postfazione - Il piccolo mistero - Le foto
Un libro sorprendente
Il valore di un libro dovrebbe essere intrinseco, ma per rendere l'idea dell'originalità comincerei da quello che è stato per l'acquisto.
L'ho trovato alla "Buk" di Modena, fiera della piccola editoria, quando questa era al suo massimo splendore, quindi al Foro Boario
quando serviva un'intera giornata per visitarla.
La casa editrice, Danilo Montanari Editore, non era presente e quindi non ho potuto chiedere informazioni, ma il libro era in vendita all'ingresso.
Affascinato dalle foto ho cominciato a sfogliarlo, ma non capivo il contesto.
Mi sono accorto poi che c'era anche una postfazione in inglese, ma nessuna sintesi sul contenuto.
L'ho messo giù e c'ho pensato sopra: il prezzo era relativamente importante per un libro di queste dimensioni.
Poi però al momento di andar via l'ho risfogliato e l'ho comprato: è stato impossibile resistere.
Al momento di scrivere questa pagina sono andato a fare qualche ricerca in rete, e ho scoperto che non solo è ancora in vendita (è del 2014!),
ma ha un sito tutto suo,
cosa non propriamente frequente per un libro.
Ma la sorpresa ancora più grande è stata che l'autore nel sito ha usato la stessa logica che uso io per dare un'idea delle immagini nel contenuto:
invece di riportare l'immagine bella piatta, stirata, spendibile altrove senza permesso, ha fatto alcune foto con l'immagine inclinata, che si veda la piega del libro.
E se a questo aggiungiamo che non ho visto il solito disclaimer terroristico sul copyright
(che non toglie che ci sia, ed è giusto che ci sia perché a tutti dà fastidio veder rubato il proprio lavoro),
la sorpresa è perfetta e mi sento autorizzato a pubblicare anch'io un paio di immagini che rendano l'idea senza che qualcuno le faccia sue:
sono delle belle foto e se si vuole vederle è giusto procedere all'acquisto.
La postfazione
La postfazione è di
Gerry Badger,
"scrittore e curatore di fotografia inglese e fotografo".
Sempre nell'ambito delle sorprese di questo libro, c'è questa scelta di mettere il testo alla fine.
Il messaggio mi sembra chiaro: guarda le fotografie prima, ti piacciono? Poi puoi leggere il commento.
La definirei una scelta coraggiosa di chi è convinto del valore del proprio lavoro.
Viceversa mettere il testo prima è talvolta come sentire la necessità di spiegare, di valorizzare un prodotto che di suo si teme possa non essere capito.
Ma se una fotografia necessita di essere spiegata prima, o ha un valore documentale di qualche tipo, o non ha proprio valore.
Le immagini sono una forma di comunicazione in sé, non necessariamente devono trasmettere bellezza, ma se non sono parlanti,
se non creano emozioni, hanno qualcosa che non va, valgono poco.
Insomma le prefazioni saranno anche interessanti, ma alcune volte ricordano il lavoro degli imbonitori da mercato,
quelli che ti rifilano patacche che poi ti penti di aver acquistato.
Non sarebbe stato questo il caso neanche se lo scritto fosse stato messo come prefazione.
Andando oltre alle foto ci racconta, ad esempio, qualcosa sui soggetti (edifici) e sull'origine della loro idea di base:
La grande ispirazione dietro al Brutalismo fu l'architetto francese Charles-Édouard Jeanneret-Gris (1887-1965),
universalmente noto con lo pseudonimo di Le Corbusier.
Corbusier iniziò come sostenitore dello stile classico "internazionale" dell'architettura moderna, costruendo una stupenda serie di case completamente bianche
e dalle linee pulite in quello stile anni '20 e '30, strutture che lo resero, insieme all'architetto Mies van dee Rohe,
il principale architetto modernista prima della seconda guerra mondiale.
Ma oltre che architetto Le Corbusier era anche un urbanista e un teorico della pianificazione urbana ed è qui che la sua influenza divenne potente e controversa.
I segnali erano abbastanza inquietanti quando definì le sue prime case "macchine per vivere", ma quando estese quell'idea alla pianificazione urbana,
sottolineando la macchina rispetto all'umanità, per molti la sua influenza divenne maligna.
Come cantava Battiato: "Deduco da una frase del Vangelo / Che è meglio un imbianchino di Le Corbusier".
Questo sentimento controverso si è trasmesso anche al successivo brutalismo, a tutti gli edifici dell'ex URSS
e permane ancora oggi verso tutta quell'edilizia pragmatica che serve ma non si digerisce bene.
In generale questo sentimento controverso si riscontra anche per il materiale principe di questi edifici:
[...] il calcestruzzo divenne il materiale preferito dalla maggior parte degli architetti ambiziosi. Si riteneva che il calcestruzzo avesse i vantaggi di velocità, flessibilità ed economia.[...] Tra le altre cose, le fotografie di Marco Citron sono un'ode al cemento, e susciteranno una fitta di nostalgia, e forse una lacrima furtiva negli occhi di molti vecchi architetti, se non di nessun altro.
E qui Gerry Badger si sbaglia: non ci sono solo gli architetti, esistono anche palati fini che sanno apprezzare quel gusto "altro", non conforme ai tempi, figlio di varie logiche, ma a suo modo bello. In fondo fa parte della storia dell'umanità, però attenzione: non si tratta solo di non rinnegare il proprio passato, ma di considerarlo come presente, come una parte di noi.
Il piccolo mistero
La prima domanda che mi è sorta spontanea guardando le foto è stata: "ma di che anno sono?".
Sembrano foto anni '60 o '70, ma allo stesso tempo si vede che sono recenti, moderne, insomma: del ventunesimo secolo.
E qui per fortuna Gerry Badger viene in nostro soccorso:
[...] potremmo dire che è difficile sapere se Marco Citron stia riprendendo alcune delle idee progettuali dell'era sovietica o se le stia inventando.
Un ambito in cui Citron inventa le sue immagini è in termini temporali.
Ha scattato le foto negli ultimi anni, ma le immagini sembrano scattate circa quarant'anni prima, negli anni '60.
La prima cosa che si nota è questo senso di spostamento temporale.
Citron usa una tavolozza di colori specifica, che ricorda le cartoline e le brutte riproduzioni di libri di quell'epoca,
e l'architettura che raffigura è principalmente nello stile noto come Brutalismo [...]
Il riferimento alla "tavolozza di colori" mi rimanda inevitabilmente alle palette di colori di Wes Anderson di cui ho parlato in
questa pagina.
Colori tutti originali, nessun trucco in montaggio, eppure sembra di essere in un altro tempo.
E i libri a cui fa riferimento sono quelli di cui parlo nella "serie", se così si può dire, "Al di là del muro", come ad esempio
questo sulla regione di Zemplín o
questo sull'oblast di Leningrado.
Se ancora non fosse chiaro, io sono un entusiasta di quelle che Badger chiama "brutte riproduzioni di libri di quell'epoca",
(per stavolta lo perdono).
A questo punto però la domanda diventa: "ma come ha fatto Citron a fare la magia?".
La risposta è semplice: ha cercato di fare le foto senza persone nell'inquadratura e aspettando o accettando la presenza di veicoli d'epoca,
tutto sommato abbastanza diffusi in quei paesi anche nel primo decennio di questo secolo.
Le foto
Cominciamo dalla copertina: non può lasciare indifferenti.
Abituati come siamo ad autostrade molto trafficate (quando va bene, altrimenti con code), vedere un'autostrada deserta con una
(mi sembra) Lada-Vaz Žiguli, fatta sulla base della Fiat 124, fa un effetto strano.
Una scena del genere si poteva vedere forse nelle "domeniche dell'austerity" dei primi anni '70,
ma vederla oggi dà un senso di futuro mancato: l'auto per eccellenza, quella a tre volumi che viene ancora stilizzata per i simboli, ad esempio per i cartelli stradali,
qui la vediamo proiettata senza intralci verso un orizzonte spaziale, ma anche temporale.
E' il futuro idealizzato negli anni '70 che si concretizza nel 2014: le auto sono quelle ma forse solo nel 2020 si saranno viste autostrade così deserte.
Poi ho preso tre esempi.
Il primo è quell'edificio modernista, che ho scoperto essere un circo che si trova nel quartiere di Maidan a Charkiv. Da
Wikipedia:
Il Circo di Stato di Kharkiv è una delle istituzioni più antiche e autorevoli di questo profilo in Ucraina.[...] Nel 1974, il circo di Kharkiv si trasferì in un nuovo edificio, nell'arena del quale si tenne il primo spettacolo circense il 9 aprile. Il nuovo edificio del circo è stato costruito secondo un progetto standard sviluppato nel 1966 dall'istituto di Mosca "Diprotheater" (architetti S. M. Gelfer e G. V. Napreenko, designer V. Kornilov). La capacità di progetto è di 2047 spettatori. Alla fine degli anni '60 e a metà degli anni '70, il progetto del circo fu attuato in altre nove grandi città dell'ex URSS, prima a Novosibirsk, e poi a Ufa, Samara, Donetsk, Perm, Lugansk, Voronezh, Kryvyi Rih e Bryansk.
Personalmente l'idea di un circo stanziale mi sembra un ossimoro, però sembrerebbe essere ancora attivo, anche se vedere la foto inserita in questo contesto
dà un senso (irrazionalmente) di edificio abbandonato.
Ho preso poi altri due esempi di auto davanti ad edifici: il primo è un edificio residenziale mentre il secondo è il teatro di prosa Gor'kij a
Rostov sul Don.
Sono sicuro che potrei scrivere fiumi di parole senza riuscire minimamente a dare il senso di quell'emozione che provo di fronte a foto del genere.
Vicini eppure lontani, in teoria questi luoghi potrebbero essere in Italia in periferia, eppure sentiamo che sono nell'ex blocco sovietico,
e le foto potrebbero essere state fatte negli anni '70, eppure sappiamo che sono state fatte nel 2014 (o poco prima).
Insomma: mi piacciono, e ... dolce m'è naufragar in quest'asfalto.
Cos’è per me il momento presente?
La caratteristica del tempo è di scorrere; il tempo già trascorso è il passato, e chiamiamo presente l’istante in cui scorre.
Ma qui non si può trattare di un istante matematico. [...]
La materia, in quanto estesa nello spazio, deve essere definita, a nostro avviso, un presente che ricomincia incessantemente, e, inversamente,
il nostro presente è la materialità stessa della nostra esistenza, cioè un insieme di sensazioni e di movimenti, e nient’altro che questo.
E questo insieme è determinato, unico per ciascun momento della durata, proprio perché sensazioni e movimenti occupano i luoghi dello spazio e perché,
nello stesso luogo, non ci possono essere più cose contemporaneamente.
(Henri Bergson)
Autore: Marco Citron
Titolo: Urbanism 1.01
Editore: Danilo Montanari Editore
Copertina: cartonato
Pagine: 92
Anno di pubblicazione: Ottobre 2014
Dimensioni: 14,9 × 20 cm
EAN: 978-88-98120-51-2
Prezzo: 25 Euro
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