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Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino:
noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana;
e la razza umana è piena di passione.
(prof. John Keating/Robin Williams, "L'attimo Fuggente")
Di cosa di tratta - Bruscaino - El sor Gelio - La castagna - Una considerazione personale - E dopo un secolo
Di cosa si tratta
Mi sono sempre chiesto se chi dice di non aver rimpianti nella vita è sincero con sé stesso.
Io di rimpianti ne ho diversi, e uno è questo: non aver trascritto quando ero bambino tutte le poesie che recitava mia nonna completamente a memoria.
Per fortuna l'ha fatto mio zio, e tutto quel che resta di una serie sono queste tre che ripropongo qui sotto con traduzione letterale dal dialetto ove necessario
e un piccolo commento per valorizzarle un po'.
La suddivisione delle strofe è mia, e quindi è totalmente arbitraria.
L'autore è un avo per il quale la memoria mi fa difetto (bisnonno? prozio?) che le scriveva in un quadernetto che teneva sotto il bancone di lavoro.
Stiamo parlando di circa un secolo fa, era l'epoca di un Carducci e di un Pascoli, ma qui ovviamente non raggiungiamo neanche il livello di un più modesto
Berto Barbarani.
Consideriamo però che Carducci e Pascoli erano membri della borghesia, avevano potuto studiare, laurearsi;
e anche il buon Berto, pur figlio di un proprietario di ferramenta, aveva potuto cominciare giurisprudenza a Padova.
L'avo ignoto non apparteneva certo a questo ceto sociale, e la nonna credo non fosse riuscita ad arrivare alla quinta elementare.
Ma come dice la citazione che ho riportato sopra: "noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana",
perciò siamo tutti autorizzati a scriverle.
E soprattutto mi deliziava l'idea che queste poesie nate in un quadernetto sotto un bancone da lavoro nei primi del novecento e tramandate oralmente
per quasi un secolo approdassero alla fine su Internet.
Chissà cosa ne avrebbe detto l'autore.
Bruscaino
Bruscaino (nome proprio o soprannome?) è davanti al giudice e sta per ricevere la sentenza, essendo un "pitòco", un povero,
e non avendo l'appoggio di un Azzeccagarbugli di manzoniana memoria, da sempre al servizio esclusivo dei ricchi, la condanna è inevitabile.
Ma le leggi italiane sono tutto sommato comprensive e mirano al recupero del delinquente e quindi alla fine,
nonostante l'inevitabile ramanzina del giudice, il tutto si risolve con poca cosa.
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E' quasi tutta in italiano perché è la lingua dei colti, di quelli che come il giudice hanno studiato.
Il povero Bruscaino anche se in situazione ufficiale e delicata non ci prova neanche con l'italiano,
però ci tiene a sottolineare la sua totale sottomissione con quel "sior paròn", "signor padrone", concettualmente fuori luogo in cospetto ad un giudice,
ma per i poveri le classi sociali superiori erano tutte composte da padroni.
Nonostante la scarsa cultura non può sfuggire l'assonanza con le teorie del veronese
Cesare Lombroso del quarto e quinto verso:
"sulla fronte avete un neo / di un gran fallo siete reo".
Il padre della moderna criminologia aveva ipotizzato erroneamente (come si è dimostrato poi) che i criminali fossero identificabili da caratteristiche fisiche,
in particolare legate soprattutto al cranio.
Apprezzabile anche l'ossimoro "non perdono / nella legge del condono", probabilmente nato dalla ricerca della rima.
El sior Gelio
Come si può già intuire la base ricorrente in queste poesie è quella delle differenze sociali.
In questa in particolare viene analizzato l'abbigliamento di una coppia, sicuramente benestante, con una certa malcelata invidia.
La magra consolazione finale viene dal mal comune mezzo gaudio: il ricco abbigliamento e in genere i soldi non esimono dai piccoli malanni di stagione.
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Quando la sentivo recitare non mi sono mai posto il problema di chiedere chiarimento su quel "ala brotusca ma orlandi",
e onestamente con tutta la potenza di Internet non sono riuscito trovare cosa diavolo vogliano dire questi termini.
Non deve stupire invece la "sovrana", che sostanzialmente è una moneta estera: ad esempio prima dell'avvento dell'euro,
in dialetto veneto si usava il termine "franchi" al posto di "lire" ("mile franchi", "diesemila franchi")
La Castagna
E' tutta in italiano questa che potremmo definire una breve filastrocca.
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Quella che per i poveri della città era una piccola delizia, una golosità, per chi le produceva, raccoglieva e trasformava era invece l'unico sostentamento. Francesco Guccini ci ha scritto un piccolo trattato su come nell'economia rurale di montagna la castagna rappresentasse il tesoro più prezioso. Da bambino seguiva e aiutava i nonni e così elenca le lavorazioni che poteva avere e i sottoprodotti che generava. E tutto questo solo per dire che adesso da adulto di castagne non vuol più sentirne parlare.
Una considerazione personale
Sono sempre un po' dubbioso nell'inserire "eredità familiari" in questo sito, com'è successo ad esempio per la pagina dei
"Filmini anni '60: un'alta testimonianza in bassa qualità"
(che ragionandoci bene sopra poi mi sono reso conto che in realtà erano più probabilmente degli anni '50).
Sono cose se vogliamo di scarso valore, di bassa qualità, però mi sembra che alla fine possano essere interessanti come testimonianza di un'epoca.
Ma è anche la testimonianza di un punto di vista, è lo sguardo della povertà che all'inizio del '900 statisticamente era la normalità.
Per puntualizzare, cerchiamo di definire meglio il termine povertà.
C'è un confine abbastanza preciso tra povertà e miseria: nella prima c'è il sostentamento ma niente di più,
nella seconda non c'è neanche quello.
Il che non vieta che questo confine venga varcato in un senso o nell'altro qualche volta oppure mai.
Orbene in queste poesie c'è quella povertà decorosa che guarda con un pizzico di invidia i ricchi, che non si fa illusioni verso i potenti
e che sa godere delle piccole gioie della vita.
E dopo un secolo
Dopo un secolo la situazione economica è oggettivamente cambiata.
Non che non esista più la povertà, ma obiettivamente in media si sta molto meglio, anche se purtroppo la situazione è in costante peggioramento.
La poesia, quella sì, è cambiata.
Di libri di poesia se ne fanno pochissimi, e molti editori anche di bocca buona specificano subito di non volerli neanche vedere perché, com'è intuitivo, non si vendono,
e i quaderni di poesie sono stati sostituiti da dispositivi elettronici dove per i più coraggiosi la diffusione è soprattutto sui social.
Quindi è sparita la poesia?
A mio avviso si è trasferita nel settore "musica leggera", con buona pace di Adorno, e in tempi più recenti nel Rap,
che senza tante ipocrisie può fare anche a meno della base musicale.
E infine arriviamo al prezioso reperto che si può vedere in fotografia e che è una novità (almeno per me).
C'erano una volta, e purtroppo ci sono ancora adesso, gli "innamorati imbrattatori", quelli che con i loro maledetti pennarelli scrivevano cuoricini e
sigle misteriose, tipo "T.V.T.B.", sui marmi degli edifici anche storici.
Qualcuno più azzardato arrivava anche a piccole strofe ispirate, di poesia spirata.
Ecco che ora sembra che siamo arrivati al livello "imbrattatore 2.0": la poesia per "Giusy" che si vede è scolpita nel marmo, più duraturo anche di un lucchetto,
e saldamente incollata sul marmo della terrazza di Castel San Pietro.
Per i diversamente veronesi diciamo che si tratta della terrazza sulla sommità del colle che domina Verona, e da cui si gode una vista a dir poco meravigliosa.
(Cliccare sull'immagine per vederla ingrandita).
Dell'autore troviamo scarne tracce in rete: quello che sembra dirci di più è Instagram e da quel che si vede nelle foto non è l'unica installazione che ha fatto.
Chi sia Giusy invece non ci è dato di sapere. Forse è una musa come Marlena dei Manneskin, o forse è una ragazza ignara di essere oggetto di tante attenzioni,
o più probabilmente è la fidanzata di "Icaro.Primo".
Una cosa però la sappiamo con assoluta certezza: Giusy non lavora per la
Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
altrimenti il cadavere di Icaro.Primo giacerebbe sfracellato al suolo nel prato prospicente il muretto, ad emulazione del figlio di Dedalo.
Il contenuto dell'installazione è in fondo simpatico anche se non eccelso.
Non c'è l'originalità e il coraggio di un poeta come Saba che paragonava sua moglie a una gallina con una raffinatezza ed un'eleganza superbe
("Tu sei come una giovane / come una bianca pollastra. / Le si arruffano al vento / le piume, il collo china / per bere, e in terra raspa; / ma, nell'andare, ha il lento / tuo passo di regina /
ed incede sull'erba / pettoruta e superba."), però qualche piccolo azzardo poetico c'è anche qui.
Quel "Sei bella come la morte" può portare solo ad un "Ma va in mona" definitivo oppure ad un matrimonio felice "fin che morte non vi separi"
(statisticamente il cinque per cento delle coppie).
Ovviamente non è originalissimo l'accostamento Eros-Thanatos, però è coraggioso nel settore "muretti storici".
Personalmente l'ho ritrovato anche nel supporto, infatti appena l'ho visto mi sono chiesto: "ma dove si può far fare un manufatto de genere?".
Non certo in copisteria dove rilegano le tesi di laurea o da un tipografo.
E la prima risposta che mi è venuta è ... ad un'agenzia di pompe funebri ovviamente.
Speriamo che non se lo sia chiesto anche Giusy.
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