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Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio 2023 (Ventôse - Alaterne)

Così litigano fra loro le parche:
- Io, Cloto, reggo la conocchia, materia da svolgere, eternità minerale
- Io, Lachesi, filo la lana, forma continua, florescenza vegetale
- Illusione animale, che io, Atropo, taglio
(da "T")

Memorie di due storiche realtà industriali veronesi

Gli oggetti in questione - La 3A Antonini - La brochure - La Tiberghien - Il libro - Marketing

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Gli oggetti in questione

Non potevo mettere queste due pubblicazioni nella sezione libri perché sono tecnicamente delle brochure, anche se la seconda, "T", è sul confine col libro artistico, forse più di là che di qua.
Le due brochure sono entrambe degli anni '90 e le due aziende hanno diversi punti in comune: sono entrambe due pezzi di storia industriale veronese, e anche se i marchi forse sono sopravvissuti, le aziende fisicamente non ci sono più.
Inoltre entrambe arrivavano da altrove, entrambe hanno dato lavoro, procurato benessere e prodotto abbigliamento ed accessori andati poi in tutta Italia e all'estero.
Ed entrambe stanno cadendo nell'oblio: vediamo di rimediare.

Mappa 3A Antonini

La 3A Antonini

La storia comincia in Toscana, da dove (se non erro) arrivavano i tre fratelli Antonini con la loro esperienza. L'azienda nasce artigianalmente in Val d'Illasi nel 1945, e cresce poi sotto la guida di Ivo Antonini. Di lui ho avuto occasione di parlare anche in questa pagina, perché purtroppo è diventato tristemente famoso a livello nazionale per essere stato rapito a scopo di estorsione il 7 Maggio 1975. Poi, pagato il riscatto, la vicenda si è chiusa quasi bene: quasi perché la detenzione ha lasciato i segni sulla vista.
Ma venendo a noi, la storia vera, quella industriale, si svolge in via Righi 5, in zona industriale a due passi dal casello di Verona Sud.
Partiamo dagli anni '70, quando l'Antonini era già una realtà importante: erano quelli gli anni della crisi, gli anni delle lotte sindacali (e non metaforiche: i picchetti per lo sciopero arrivavano anche sul fisico se qualcuno cercava di entrare). Erano anche gli anni di piombo e sembra che un terrorista sia anche stato arrestato nelle manovie dell'azienda.
Erano anni che poi hanno lasciato spazio alla leggerezza della decade successiva; una leggerezza che nella società si è tradotta in meno impegno politico e più impegno nell'abbigliamento soprattutto di marca. C'erano i primi fast food con i paninari, c'erano i piumini Moncler, le cinture El Charro e le scarpe Timberland, e da queste ultime per l'Antonini c'è stata la brillante intuizione di Sergio Antonini (il figlio di Ivo) di infilarsi per primi in Italia in questa nuova tendenza. Occorreva quindi un nome che richiamasse l'aria aperta e il nord America, e un'impostazione giovane che richiamasse le cosiddette "scarpe da barca" stile Timberland: è nato così il marchio Lumberjack che ha fatto senza mezzi termini la fortuna dell'azienda.
Negli anni '90 è arrivata anche la globalizzazione, col decentramento della produzione gradatamente sempre più verso l'Asia e il conseguente ridimensionamento del numero dei dipendenti. Nelle manovie erano rimasti solo alcuni modelli, le finiture, gli assemblaggi finali dei semilavorati e negli edifici di fronte allo stabilimento c'erano tutti gli uffici, un'organizzazione che mandava avanti una macchina dai numeri importanti.
E qui arriva la nostra brochure.

Brochure 3A Antonini

La brochure

Innanzitutto per capirla bisogna considerare a chi era indirizzata. Non certo ai clienti finali, ma probabilmente neanche ai negozianti, al limite poteva andare alla catena di negozi ma molto più probabilmente ai grossisti,
Ecco quindi che il messaggio da veicolare non era tanto sui prodotti, che per quelli c'erano i cataloghi e comunque per la qualità ad uno del settore basta prendere in mano un paio di scarpe per valutarle. Il significato della brochure era mostrare l'azienda in sé: grande, efficiente, moderna.
Ecco quindi le immagini reali della fabbrica vista dall'alto e della direzione che andava dalla tradizione di Ivo Antonini alla modernità del figlio Sergio (foto a5): continuità quindi, ma nella tradizione, come Giano bifronte uno sguardo al passato e uno al futuro. Ecco quindi il magazzino dei prodotti finiti (foto a4), grande e ordinato pronto per le spedizioni, e possiamo vedere anche l'operaio sul macchinario e il magazzino dei pellami (foto a7), indice del fatto che le scarpe venivano proprio fatte lì, il che è vero ma fino ad un certo punto come abbiamo visto. Poi c'è una bella panoramica delle manovie (foto a3), quei nastri trasportatori che percorrevano la linea di produzione: non siamo in ambito strettamente industriale con la catena di montaggio, le scarpe restavano più o meno nell'ambito artigianale.
Poi però ad un certo punto nella testa del creativo scatta l'interruttore, quello che lo scollega dalla realtà per portarlo in un mondo di immaginazione che si suppone sia quello del fruitore delle immagini.
Ecco quindi l'operatore di fronte allo schermo di un terminale (foto a7), che non è un pc, ma proprio un vecchio terminale con lo sfondo nero a fosfori verdi che funzionava solo se collegato ad un sistema centrale (probabilmente un S/38 dell'IBM). E fin qui tutto bene, ma ... il camice bianco che senso doveva avere? L'informatica stava prendendo piede, ma restava ancora probabilmente un immaginario da laboratorio tecnico dove si sperimenta, si salda, si va sul fisico; oppure voleva suggerire un addetto alla progettazione dei campioni, come quelli che si vedono nell'altra pagina (foto a6), decisamente più credibili. Peccato però che la videata del terminale sembri più di anagrafica di prodotti esistenti, insomma roba da normali impiegati col maglione. Mah!
Poi c'è uno schermo con l'immagine surreale di uno schema tridimensionale di una scarpa, naturalmente in fosfori verdi, un'immagine da AutoCAD per capirci. Questo avrebbe senso per pilotare qualche macchinario, ma ... nei primi anni '90? In una fabbrica semi artigianale? Siamo seri!
Il capolavoro però sono le impiegate che stanno lavorando su dei PC (foto a4), probabilmente 286 o 386, all'epoca usati praticamente come macchina da scrivere e qui ... completamente senza cavi! Qualcuno avrebbe dovuto dire a quelle povere ragazze che stavano battendo inutilmente sui tasti.

Mappa Tiberghien

La Tiberghien

Per la Tiberghien si parte da molto più distante, sia nel tempo che nello spazio: i fratelli Tiberghien sono arrivati a Verona dalla Francia, dove avevano già un'industria tessile, e nel 1907 (anno visibile ancora oggi sulla sommità della ciminiera superstite) hanno fondato a San Michele un lanificio.
Quando si parla di tessile si parla dell'inizio dell'era industriale. Pur esistendo da millenni, questo è il settore che per sua natura ha più sentito la necessità di essere automatizzato e efficientato. E con la Tiberghien non stiamo parlando di una semplice industria che ha dato lavoro a molte persone, ma di una realtà che ha fondato attorno a sé un intero paese: San Michele Extra.
Piccola digressione etimologica: su Wikipedia francese scopro che il cognome Tiberghien deriva da "qui protège (germanique commun *bergan) le peuple (*theudo)", ovvero "chi protegge il popolo": forse per questa sua natura il signor Tiberghien contestualmente alla crisi che aveva investito l'azienda negli anni '70, piuttosto di licenziare o, peggio, di chiudere preferì portare le chiavi dell'azienda al sindaco di Verona (credo fosse Gozzi) cedendo il tutto al comune per una cifra simbolica.
La soluzione adottata poi fu ovviamente quella di ridurre sia il personale che la superficie aziendale, vendendo il vendibile in modo da risanare e salvare il salvabile.
Dopo varie vicissitudini arriviamo così al 1997, anno di pubblicazione del libro in questione, in cui l'azienda era di proprietà e gestita dagli ex dirigenti.

Libro Tiberghien

Il libro

Il libro in questione è stato prodotto in occasione del novantesimo dell'azienda, 1907-1997: un piccolo volume cartonato, di buona fattura e con un contenuto decisamente artistico. Il perché di quest'ultima particolarità può essere facilmente deducibile.
Il prodotto finale del lanificio erano le pezze, ovvero rotoloni di stoffa larghi un metro e mezzo e lunghi 75 metri funzionali all'industria delle confezioni, quindi di per sé niente di particolarmente bello da fotografare. Se era difficile farci della poesia sopra era ancora più impraticabile l'idea di portare immagini della stoffa già trasformata in giacca: quali modelli scegliere senza far torto ai clienti esclusi dalla selezione?
L'interno della fabbrica poi non era niente di più ameno: dalla sala telai alla tintoria c'era poco da mettere in risalto, a meno di non essere i fratelli Enzo e Raffaello Bassotto. Infine per quello che riguarda il testo, inserire una noiosissima storia aziendale per tutto il libro sarebbe stato deleterio.
E da qui l'idea dei creativi.
Per le foto si sono rivolti al destinatario in purezza del prodotto finale, quindi corpi umani nudi femminili e maschili (foto t2, t4, t8), ma non volendo ottenere un effetto "calendario Pirelli" da appendere sul retro della cabina del camion, hanno optato per dei nudi su cui sono proiettate delle diapositive. Insomma vedo e non vedo e nel contempo non do scandalo. Ma soprattutto nel complesso sono delle belle foto.
Per il testo poi c'era carta bianca con l'unico limite di attenersi all'argomento tessile, cosa piuttosto facile visto che termini come trama e ordito col relativo verbo ordire, sono entrati nel lessico comune. Poi chi ha curato il testo ha ripescato anche a piene mani dalla mitologia latina, con le Parche (foto t2), e dalla Grecia classica con Penelope. Sarà stata vera passione per la classicità o meri ricordi liceali?
Poi però come il volo del tacchino che sembra innalzarsi ma poi ricade pesantemente a terra, la cialtronata da qualche parte doveva emergere: cosa diavolo c'azzecca la chiamata alla festa di compleanno di Giulietta? E con lo scorcio del ponte di Castelvecchio poi (foto t6). Forse perché San Michele Extra è in provincia di Verona?

Marketing

Sembra proprio che ci troviamo di fronte ad una clamorosa smentita di Orazio: "Est modus in rebus, sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum" ("C'è una giusta misura nelle cose, ci sono giusti confini, al di qua e al di là dei quali non può sussistere la cosa giusta"). Viceversa, a mio avviso, in queste operazioni di marketing le cose giuste si trovano proprio al di qua e al di là dei confini, non in mezzo.
Mi spiego meglio: c'è la realtà e la trascendenza, poi in mezzo c'è una realtà taroccata, assurda e stupida.
Presentare una realtà industriale nella propria crudezza, nel vissuto dei macchinari, degli operai, degli impiegati, non vuol dire darne un'immagine sgradevole, o addirittura repellente. Tutto questo ha una sua poesia. Quando invece dell'esperto marketing c'è un artista vero, sono esattamente quelle le immagini che prende; ovviamente col giusto taglio, nel giusto attimo, con la giusta inquadratura, ma sono immagini vere e non taroccate.
Oltre il limite superiore invece c'è sempre l'arte che parla di un'industria, di un'azienda, di prodotti che non mostra, e lo fa con immagini e testi che trascendono. Ovviamente, come nel caso precedente, per far ciò bisogna essere particolarmente capaci, abili, ispirati, talentuosi.
In mezzo c'è il marketing classico, ovvero il nulla. Quello su cui ci si interroga ogni volta col classico "ci sono, o ci fanno?", ovvero: "sono loro ad essere dementi, o sono proprio convinti che siamo noi ad essere dementi?".
Come si possono prendere seriamente queste famiglie felici che si svegliano al mattino col sorriso sulla bocca, senza traccia di stanchezza, ansiose di far colazione con i prodotti di improbabili mulini immersi nel verde? Queste donne col ciclo mestruale che fanno capriole sprizzando energia e si gettano felici da un aereo col paracadute? Come credere a foto pubblicitarie con uffici invariabilmente più eleganti di meeting room di hotel a sette stelle? E potrei continuare a lungo.
Quindi lasciamoci con due grandi umoristi, Douglas Adams e Billy Hicks, che spiegano bene cosa dovrebbe fare il marketing.

L'enciclopedia galattica definisce il robot "un apparecchio meccanico destinato a svolgere il lavoro di un uomo". La divisione marketing della Società Cibernetica Sirio definisce il robot "l'amico di plastica con cui è bello stare".
La guida galattica per gli autostoppisti definisce la divisione marketing della Società Cibernetica Sirio "un branco di idioti rompiballe che saranno i primi a essere messi al muro quando verrà la rivoluzione" e mette una nota a piè di pagina dove dice che i curatori saranno lieti di ricevere domande d'impiego da chiunque sia interessato a fare il redattore di robotica.
Curiosamente un'edizione dell'Enciclopedia galattica, che per un caso fortunato è stata portata da una distorsione temporale di mille anni avanti nel futuro, definisce la divisione marketing della Società Cibernetica Sirio "un branco di idioti rompiballe che sono stati i primi a essere messi al muro quando c'è stata la rivoluzione".
(Douglas Adams, "Guida galattica per gli autostoppisti")

[Ita] A proposito se qualcuno qui lavora nella pubblicità o nel marketing, uccidetevi. No, no no: è solo una piccola idea, sto solo cercando di piantare semi. Forse un giorno metteranno radice. Non so, voi provateci. Fate quello che potete, uccidetevi.
Seriamente, però, se lo siete, fatelo.
Aaah, no davvero. Non c'è razionalizzazione per quello che fate e voi siete i piccoli aiutanti di Satana. Ok, uccidetevi.
Sul serio. Siete i rovinatori di tutte le cose buone. Sul serio.
[Eng] By the way if anyone here is in advertising or marketing, kill yourself. No, no, no: it's just a little thought, I'm just trying to plant seeds. Maybe one day, they'll take root. I don't know, you try. You do what you can, kill youself.
Seriously though, if you are, do.
Aaah, no really. There’s no rationalisation for what you do and you are Satan’s little helpers. Okay – kill yourself.
Seriously. You are the ruiner of all things good. Seriously.
(Billy Hicks, "Revelations")

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Lumberjack foto 1
Lumberjack foto 1
Lumberjack foto 2
Lumberjack foto 2
Lumberjack foto 3
Lumberjack foto 3
Lumberjack foto 4
Lumberjack foto 4
Lumberjack foto 5
Lumberjack foto 5
Lumberjack foto 6
Lumberjack foto 6
Lumberjack foto 7
Lumberjack foto 7
Lumberjack foto 8
Lumberjack foto 8
Lumberjack foto 9
Lumberjack foto 9
T come Tiberghien foto 1
T come Tiberghien foto 1
T come Tiberghien foto 2
T come Tiberghien foto 2
T come Tiberghien foto 3
T come Tiberghien foto 3
T come Tiberghien foto 4
T come Tiberghien foto 4
T come Tiberghien foto 5
T come Tiberghien foto 5
T come Tiberghien foto 6
T come Tiberghien foto 6
T come Tiberghien foto 7
T come Tiberghien foto 7
T come Tiberghien foto 8
T come Tiberghien foto 8

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