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Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio 2025 (Pluviôse - Noisetier)
Per lui, in qualunque stagione,
questa era ancora una città
che esisteva in bianco e nero
To him, no matter what the season was,
this was still a town
that existed in black-and-white
(Woody Allen, "Manhattan")
Il fascino - I quartieri e i luoghi - Il bianco e nero
Il fascino
Sono soggetto al fascino di Berlino, si sarà capito ormai: ho già pubblicato
una,
due,
tre e
quattro
pagine di foto più una pagina su
"Il cielo sopra Berlino",
e sono ancora qui a parlare di un libro su questa affascinante città.
Wikipedia
data la nascita ufficiale della città nel XII secolo, anche se ovviamente c'erano insediamenti precedenti,
però personalmente associo sempre questa capitale alla guerra fredda e alla caduta del muro.
Per questo ho accolto immediatamente con favore questo libro che parla esplicitamente di quei decenni (fino sostanzialmente ad oggi).
L'intero libro è un'unione tra la storia di alcuni quartieri, in certi casi la stessa storia ma come è stata vissuta nell'esperienza personale dell'autrice,
più le fotografie di autori vari con una forte prevalenza di quelle di Elda Papa, con le immagini sempre collegate al testo.
Aggiungo che le fotografie sono davvero numerose e da sole giustificano il prezzo e le dimensioni del volume (senza nulla togliere ai testi ovviamente).
La "doppia esposizione" promessa nel titolo è in realtà molto di parte, è tutta rivolta agli anni '80,
e la parte più recente (2015) viene esposta per contrasto, per aumentare l'effetto nostalgia, nonché il famoso "stavamo meglio quando stavamo peggio".
Personalmente sono stato a Berlino per la prima volta solo nel 1999, ma capisco il punto di vista e lo condivido.
La Berlino degli anni '80 è stata un fulcro, un catalizzatore e un punto di partenza per molte novità, per molti artisti, per molti creativi.
Ma se alcuni casi sono famosi, pensiamo ad esempio a David Bowie e Brian Eno, molti artisti erano nascosti in un sottobosco non visibile a livello internazionale:
La città, negli anni ottanta, era attraversata da arterie trafficate, come altre metropoli. Nelle periferie si costruivano condomini popolari, nuove mode si diffondevano, i giovani punk si tingevano i capelli di verde o si vestivano di nero. Eppure, dietro l'apparenza della modernità, c'erano case, strade, interi quartieri, che sembravano rimasti al 1945 e languivano in un infinito dopoguerra.
I quartieri e i luoghi
Il libro è suddiviso in quartieri e in luoghi:
Kreuzberg innanzitutto,
Künstlerhaus Bethanien, il
Palazzo della Repubblica,
Potsdamer Platz,
Sophienfriedhof e la
Bernauer Strasse.
Per chi ha un po' di dimestichezza con Berlino dovrebbe essere evidente che l'autrice è assolutamente schierata:
tra Berlino Est e Berlino Ovest, tra Nato e Patto di Varsavia, Natascia Ancarani si schiera senza se e senza ma dalla parte dell'arte.
Laddove per arte possiamo comprendere anche qualsiasi afflato innovativo, laddove arte diventa nelle sue descrizioni anche il resto della città.
Il primo capitolo su Kreuzberg è sicuramente il più sentito, il più personale, dove l'autrice narra la propria esperienza negli anni '80,
ed è il luogo a cui è evidentemente più legata tanto che ci torna poi con un capitolo finale per vedere le differenze con l'oggi (di dieci anni fa ormai).
Stiamo parlando di un quartiere all'epoca non proprio centralissimo dove l'occupazione degli edifici era la regola soprattutto per gli artisti.
Lo spirito bohémien era il tratto distintivo per tutti gli abitanti, ma anche al di là dell'arte si respirava un'aria multiculturale e di solidarietà tra tutti gli abitanti.
Lo spirito bohémien era anche quello che pervadeva Bethanien, questo ex ospedale oasi di pace e tranquillità salvato da una sorte ria grazie alla caparbietà
degli abitanti del quartiere. In seguito è poi divenuto una Künstlerhaus di tutto rispetto dove l'arte si poteva esprimere liberamente,
ma è stato poi privatizzato nel 2005 con conseguente perdita, secondo l'autrice, di tutta la sua capacità di esprimere arte vera.
Il Palazzo della Repubblica e Potsdamer Platz vengono affrontati con una visione storica, ma con un occhio artistico:
le descrizioni di Ancarani riescono a restituirci lo spirito di questi luoghi.
Dovrebbe essere sempre la storia a guidarci per il cimitero Sophienfriedhof e per la Bernauer Strasse, luoghi di confine tra le due Berlino
dove molte persone dell'est sono morte nel tentativo di attraversare il confine verso il paese dei balocchi all'ovest.
In Bernauer Strasse c'erano edifici di Berlino Est che si affacciavano sui marciapiedi di Berlino Ovest, con la descrizione delle rocambolesche fughe dalle finestre
che hanno poi portato alla chiusura degli edifici.
Però anche qui possiamo coglierne l'aspetto epico-artistico nella descrizione che l'autrice fa di una
famosissima foto
scattata il 25 settembre 1961 quando la signora Frieda Schulze stava per saltare dalla finestra ma ha esitato:
è stata raggiunta, presa e tirata dall'alto dalla polizia dell'est, mentre dal basso veniva tirata dalle persone che cercavano di aiutarla dalla strada.
Alla fine da sopra hanno mollato e la signora è passata alla storia.
Il bianco e nero
Penso che Alberto Savinio, il fratello di Giorgio De Chirico, abbia sintetizzato bene lo spirito del bianco e nero:
Il valore "lirico" sia della fotografia sia del cinematografo è questa traduzione appunto e sia pure questa "diminuzione" della natura in bianco e nero: questo "creare" una natura diversa e diciamo pure "falsa".
In fotografia analogica si è passati da quest'unica scelta iniziale, alla possibilità (per molto tempo) più costosa del colore,
tranne poi arrivare ad invertire le parti: chi sceglieva il bianco e nero doveva pagare di più.
Però quella che doveva essere una diminuzione, per usare il termine di Savinio, non è mai sparita proprio perché molti si sono accorti che questa
riproduzione "diciamo pure falsa" era in realtà creativa. Non toglieva, anzi aggiungeva qualcosa all'immagine.
Per quello che mi riguarda però con il digitale mi sono sentito spiazzato, perché la scelta dovrebbe per logica essere fatta a posteriori,
altrimenti si rischia di perdere uno scatto che poi ci si accorge che era meglio a colori (senza contare i secondi necessari per cambiare il settaggio sulla macchina).
Viceversa una volta le foto in bianco e nero erano obbligatoriamente pensate per nascere monocromatiche, con una scala di grigi.
Insomma: sono limitato e questa faccenda mi spiazza un po', per cui tendo a tenere quasi tutto a colori.
Per curiosità ho provato a convertire in bianco e nero alcune mie foto già pubblicate nelle pagine delle quali ho dato i link sopra
(1,
2,
3 e
4),
e le ho messe in
questa pagina
(un po' pesantina forse, rispetto a dei vecchi parametri, ma ormai le velocità di connessione medie sono molto buone).
Il risultato? Beh, in bianco e nero mi sembra di essere quasi un fotografo vero.
O forse è semplicemente Berlino che si presta, come la Manhattan di Woody Allen.
Autore: Natascia Ancarani
Titolo: Doppia espozione. Berlin 1985-2015
Editore: Edizioni del Foglio Clandestino
Copertina: brossura
Pagine: 320
Anno di pubblicazione: Novembre 2015
Dimensioni: 21 × 21 cm
EAN: 978-8894019018
Prezzo: 20 Euro
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